lunedì 1 ottobre 2012

Primarie e mandati: cercasi un segnale

Il punto del direttore dell'8 luglio 2012

Tra spending review (revisione della spesa) e il toto-candidati sta passando l'estate bersagliata dal caldo e dagli anticicloni dai nomi altisonanti come Scipione, Caronte e ora Minosse. Le decisioni del governo tecnico disorientano tutto il Paese, non solo l'Umbria, ma il detto mal comune mezzo gaudio conforta poco di questi tempi. E la parola tagli sta assumendo le sembianze di una mannaia sulle nostre teste.
Tagli degli ospedali, tagli dei primari, tagli dei posti letto, tagli delle province, tagli degli uffici giudiziari, tagli dei dipendenti pubblici, tagli delle consulenze, tagli delle auto blu. Chi più ne ha più ne metta. Tanto nel calderone di Monti, i proclami sono all’ordine del giorno, come pure le retromarce dovute per la verità più a coloro che questi provvedimenti lacrime esangue li devono approvare perché nell’aula il pensiero corre veloce al consenso, al tornaconto, all’interesse parlamentare. E un altro giro di giostra tutti lo vogliono fare, a prescindere da quantine hanno fatti finora. Perché chi su quella giostra è riuscito a salirci, per nomina non certo perché scelto dai cittadini, non è affatto contento di scendere. Anzi fa di tutto per stare incollato al seggiolino, ricorrendo a tutti gli strumenti possibili e immaginabili, dall’attack al giuramento di fedeltà eterna al capoccione romano. Anche se di mandati ne ha fatti due, tre, quattro, cinque. Che tradotto significa 5, 10, 15 e più anni di placida vita nelle aule parlamentari. Proprio su questo argomento si stanno scatenando le ambizioni e gli appetiti più incredibili e parliamo ovviamente delle prossime elezioni politiche. Tra gli uscenti che non vogliono mollare e la pletora di aspiranti che scalpitano per un posto al sole (sia ben chiaro il riferimento al titolo della fiction è puramente casuale). Per ora il movimento è strisciante, sotterraneo, con abboccamenti e telefonate di perlustrazione. E tanti nomi e cognomi da scrivere, magari a matita e con la gomma a portata di mano per cancellare. Anziché buttarci ora nel risiko del toto candidati, perché prematuro e quindi non attendibile, appare più serio parlare delle regole.

Due, ad avviso di chi scrive, i criteri da stabilire, criteri che devono essere racchiusi in norme generali, quindi validi per tutti. Il primo riguarda le primarie, il modo più semplice e democratico per selezionare la classe dirigente. Una volta esistevano le scuole di partito dove i giovani imparavano l’arte della politica, venivano formati e in un certo senso scelti e buttati nell'agone. Oggi non è più così. Senza peccare di nostalgia, se alle scuole fossero state sostituite altre forme di apprendistato nulla quaestio, ma l'effetto è stato l’occupazione di posti senza passare per il vaglio degli elettori, spesso e volentieri con la scusa di pescare nella società civile.
Allora, un qualche cosa per dire ai cittadini scegliete Tizio o Caio per tale incarico o tal'altra candidatura bisogna pur inventarselo. Le primarie possono essere la risposta giusta per scegliersi il segretario del partito, per premiare o bocciare quel parlamentare che nella legislatura ha lavorato o ha scaldato la sedia, per decidere quali consiglieri o quale sindaco votare. Insomma le primarie dovrebbero diventare un mezzo normale di selezione degli uomini e delle donne da cui farsi rappresentare nei luoghi deputati a gestire la cosa pubblica. Il secondo criterio connesso al primo  quello del limite dei mandati. A nessuno il medico ha ordinato di fare il deputato o l’assessore comunale. In tutti i casi si è investiti di un incarico,di una responsabilità perché si effettua un servizio per la collettività. Quindi pensare di poterlo fare per tutta la vita è fuori luogo, il farlo è inconcepibile. Attenzione, questo non vuol dire che bisogna perseguire il rinnovamento senza se e senza ma, anche a costo di mandare su degli incapaci solo perché hanno 30-40 anni e quindi i palazzi vanno svecchiati. Poi, non si capisce perché esiste il limite dei mandati per i sindaci che dopo 10 anni tornano a casa o vanno da un’altra parte e non per i parlamentari, per i consiglieri regionali e via discorrendo. Quello che si respira in giro anche a livello locale non è un granché bello. Scricchiolii delle amministrazioni sono sempre più evidenti e rumorosi, da Terni a Spoleto, da Foligno a Gubbio. Le maggioranze sono sempre più fragili e litigiose a causa sopratutto del famoso amalgama mal riuscito sia a destra che a sinistra. Reggere la situazione pare essere diventato l'ordine di scuderia, ma ciò significa galleggiare, navigare a vista. Non certo governare e programmare il futuro delle città. Insomma, in questo momento di confusione e difficoltà, di antipolitica e sfiducia, qualche segnale dai partiti sarebbe ben gradito. Affinché la politica torni a essere presente sui tavoli, nelle assemblee, nella vita di tutti i giorni. E soprattutto prima che sia troppo tardi.
anna.mossuto@edib.it
www.annamossuto.it

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