martedì 2 ottobre 2012

Ripensare l'Umbria guardando lontano

Il punto del direttore 12 agosto 2012

Siamo arrivati a ridosso di ferragosto e il tema sempre caldo, in tutti i sensi, c’è e riguarda la sorte della Provincia di Terni. Tra riunioni del Cal (Consiglio delle autonomie locali) a cui si vuole affibbiare il compito di effettuare il riordino attraverso improbabili spostamenti di comuni, incontri di forze politiche e sociali e raccolte di firme per traslocare in un’altra regione, ecco L’interpretazione che mette fine ai giochi, ai fiumi di parole e alle speranze. Quindi tutte le discussioni, le polemiche, le prese di posizione sono state non solo inutili ma anche e soprattutto un’assoluta perdita di tempo.
Bene, anzi male. E  ora che succede? Niente, o meglio tutto. L’Umbria rimane una regione, piccola in tutto, con una Provincia che coincide con il territorio regionale degradata nelle funzioni e nelle competenze e soprattutto ente di secondo livello, non più a elezione diretta dei cittadini ma di nomina di sindaci, una specie di unione o associazione di comuni. Quindi qualsiasi ragionamento dovrebbe veramente essere più alto e più profondo, al di là degli interessi di bottega e di campanile,
e concentrarsi su quella che domani sarà l’identità dell’Umbria
Nel Nord si parla delle macroregioni, il dibattito è avanzato su come costruirle e come dovranno funzionare, qui non si riesce ad affrontare con serietà e impegno il capitolo dell’Italia di mezzo o Italia mediana. Eppure l’Umbria dovrebbe riappropriarsi del ruolo di laboratorio che fu,quando le idee nascevano da queste parti e la classe dirigente di allora si ritrovava attorno a un tavolo per darle le gambe per camminare. Invece si va a rimorchio di ciò che succede a livello nazionale, senza approfondire, anzi sull’onda dell’emotività si assiste a una gara a ripetere frasi infarcite di slogan e luoghi comuni. Tipo l’Umbria non può essere scippata della seconda Provincia, non può averne solo una e a Perugia, un territorio sarebbe mortificato senza il suo Palazzo. Un puro esercizio accademico di frasi fatte e forse neppure tanto meditate a causa dell’eccessiva afa di questi giorni. Ci troviamo a vivere un periodo di profondo cambiamento dell’assetto economico, sociale e politico del Paese. La crisi che sta uccidendo aziende e posti di lavoro è il primo dei problemi, la politica non è stata all’altezza di fronteggiare e governare la situazione e si è affidata a un pool di tecnici nella speranza di salvarci dal baratro.
Il partito dell’antipolitica cattura proseliti e simpatie di giorno in giorno, di ora in ora. E invece di avere un sussulto di orgoglio, un minimo di responsabilità, si continua a discorrere inseguendo vecchi schemi e a basarsi su logiche anacronistiche. Come se tutto fosse uguale a prima. Come se tutto fosse simile a ieri. No, non è così. Non è più così, purtroppo. Non averne la consapevolezza Vuole dire avere una dimensione limitata, con i paraocchi e soprattutto perdere un’occasione per programmare il futuro.
A proposito ripeschiamo dal cassetto della memoria una grande, anzi gigantesca incoerenza. Quasi tutti i partiti, tranne forse la Lega Nord, nei loro programmi elettorali hanno scritto con chiarezza di voler procedere all’abolizione delle Province. Un punto questo inserito nel capitolo tagli, forse anche con caratteri cubitali, perché in campagna elettorale le promesse sono obbligatorie (mantenerle no).Ogni elezione, per la verità, assistiamo a dei ritornelli che vengono messi nero su bianco, oltre a questo della cancellazione delle Province, anche quello della riduzione dei parlamentari e delle indennità. Sempre per farsi belli e nel tentativo di catturare qualche voto in più. Poi passata l’elezione tutto finisce nel dimenticatoio fino al turno elettorale successivo. Tipo passata la festa gabbato il santo, da noi passata l’elezione gabbati i cittadini.
Oramai il trucchetto è noto e consumato e non dovrebbe reggere più. Almeno questo è l’auspicio. Comunque tornando all’argomento dell’articolo, la sorte della Provincia, va sottolineata un’altra incongruenza. Il Pd sta organizzando la festa regionale, l’ex festa de l’Unita, e il titolo è verso l’Europa.Ciò vuol dire che l’intenzione è quella di guardare lontano, oltre i confini nazionali. Ma allora, un piccolo sforzo per guardare anche oltre i confini delle province sarebbe gradito. La lungimiranza dovrebbe essere una delle qualità di chi fa politica, reggere i cambiamenti senza farsi sopraffare, e costruire le città del domani. Non averne significa volare basso basso. Che tradotto vuol dire rimanere fermi e chi non si muove di solito retrocede.
anna.mossuto@edib.it

Nessun commento:

Posta un commento