martedì 2 ottobre 2012

Corsa all'ermellino e politica stravolta

Il punto del direttore del 15 luglio 2012

Due i fatti che hanno tenuto banco in questa settimana allietata e distratta dalla musica di Umbria Jazz, dalle opere del Festival dei Due Mondi e dalle tantissime sagre e feste paesane che colorano e ravvivano il cuore verde d’Italia. Eccoli, i fatti. Lo scricchiolio della maggioranza (e anche della minoranza) in consiglio regionale e la bagarre dentro l’università.
Partiamo dalla politica. Un passo indietro per spiegare l’accaduto. Rifondazione comunista porta in aula la proposta di aprire una vertenza con il governo avente a oggetto l’economia regionale. Una proposta tutto sommato condivisibile, niente di trascendentale tenuto conto delle grandi difficoltà che stanno vivendo i territori e le realtà produttive di questa regione. Far arrivare dall’Umbria a Roma una posizione forte e unanime di preoccupazione,di richiesta di aiuto non sarebbe stato un atto negativo. Anzi, forse sarebbe stato apprezzato nelle sedi dove si trattano stati di crisi, liquidazioni, mobilità, licenziamenti, casse integrazioni. Invece, purtroppo, un’altra occasione persa. Per il motivo di non apparire come quelli che si schierano contro Monti e compagnia. Infatti il documento di Rifondazione è stato bocciato con i voti (19) del Pd, dell’Udc, del Psi e degli ex di Forza Italia. A favore oltre a Rifondazione i consensi sono stati quelli di Italia dei valori e della Lega nord (in tutto 5). Quattro invece gli astenuti e sono tutti ex appartenenti ad Alleanza nazionale.
Insomma a Palazzo Cesaroni si è riproposto il medesimo schema che si registra nella capitale, cioè insieme appassionatamente gli stessi partiti che appoggiano o contrastano il governo tecnico dei professori. E il consiglio regionale si ritrova un’altra maggioranza, e anche un’altra opposizione.
Questo episodio non è da sottovalutare, politicamente parlando, perché vuol dire che se si tratta di rispondere agli ordini del nazionale tutti dicono signorsì. E in questo momento la strana maggioranza Pdl-Pd-Udc che regge il governo è un’alleanza di opportunità, non di scelta né di democrazia. Ma prima o poi questo Paese ridarà la parola ai cittadini che voteranno da chi farsi amministrare. E quindi qualsiasi accordo sarà spazzato via e con esso qualsiasi santa alleanza. Anzi, con l’aria che tira anche quei partiti che non saranno capaci di rinnovarsi saranno destinati a fare una brutta fine. Basta dare un’occhiata ai sondaggi che premiano il grillismo e l’astensionismo.
Comunque le maggioranze le decidono le urne, questo è un principio benedetto. Chi vince governa, chi perde sta in panchina. Succede in ogni sistema democratico, stravolgere questo principio significa dare un calcio alle regole e “giocare” senza schemi. Ora passiamo all’università dove da mesi è in atto una vera e propria guerra di potere. Per l’ermellino per eccellenza, per la poltrona del rettore. Va detto che in oltre settecento anni di vita l’Università ha vissuto momenti di difficoltà, momenti  di gloria e di soddisfazioni. E come ogni istituzione che si rispetti ha attraversato alti e bassi. Oggi come oggi è in una fase calante, risente delle lotte intestine che la stanno indebolendo.
Non è una semplice e banale questione di avvicendamento, di rinnovamento. Sembra esclusivamente un problema di potere fine a se stesso. Della serie basta con l’epoca Bistoni, il Magnifico deve sloggiare e al posto suo mi metto io. Così la lettura del ricorso al Tar del candidato Volpi che ha innescato la lotta contro Bistoni e contro l’università. Che poi il giurista abbia tutte le ragioni, oggettive e personali, per invocare le elezioni è comprensibile. Che dall’altra parte non si faccia nulla per sloggiare da Palazzo Murena è altrettanto comprensibile. La responsabilità vera di questa situazione, che è comune a molti altri atenei italiani, è del ministero. Perché non è riuscito e non riesce a dare un’interpretazione univoca, chiara, sulla proroga dell’incarico di rettore. Dando così spazio a vendette, rancori, ricorsi e sentenze. Con gli accademici schierati l’un contro l’altro armato,con un’impasse stagnante, con candidati che scalpitano e fanno campagna elettorale sotto traccia. Ma così facendo non si fa il bene dell'Università. Così facendosi lavora per il proprio orticello, per la propria ambizione ma non per l’interesse generale. A rischio c’è il futuro dell’ateneo, perché se gli iscritti continuano a calare e la qualità della didattica a farsi desiderare il prestigio di un antico studium come quello di Perugia va a farsi benedire.
anna.mossuto@edib.it

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