lunedì 6 novembre 2017

Senza una svolta l'Umbria sprofonda

Il punto del direttore del 5 novembre 2017
 
Ormai esiste un caso Umbria. Continuare a negarlo significa mentire sapendo di mentire, soprattutto alla luce degli ultimi dati diffusi dalla Banca d’Italia secondo cui la nostra regione ha perso 15,7 punti di Pil (prodotto interno lordo) dal 2007 al 2015. Un numero pessimo, secondo solo al Molise, peggio perfino della media delle regioni del Sud (-11,9 per cento) e di gran lunga peggio delle regioni vicine, oltre che della media nazionale (-7,9 per cento).Questo numero certifica che l’Umbria ha imboccato la strada del declino, è allo stremo, vicino al tracollo. Per la verità non è una sorpresa quanto dice Bankitalia, basta guardarsi attorno e contare le centinaia di vertenze sul tavolo della crisi, contare i posti di lavoro perduti e quelli a rischio, le cifre impressionanti degli inattivi, le aziende che abbassano le saracinesche, i giovani condannati al precariato, e via di questo passo.
Cosa fare? Sicuramente non restare con le mani in mano nella speranza che passi la nottata perché sarebbe da irresponsabili per non dire altro.
Allora, ci si dia una mossa ma sul serio questa volta. Perché di tempo se ne è perso troppo e forse non ce n’è abbastanza. Ma il dovere, l’obbligo, di provarci, lo devono sentire tutti coloro che hanno un ruolo in questa comunità, la cosiddetta classe dirigente di questa regione non può fare orecchie da mercante o girarsi dall’altra parte raccontandosi altre storie e altri numeri.
Perché questa volta ha ragione il segretario regionale della Cgil Vincenzo Sgalla, non si tratta più di continuare con la retorica del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Qui si sta prosciugando tutto, qui la ricchezza sta andando a farsi benedire lasciando spazio a una povertà diffusa, qui tra un po’ manco un miracolo salverà la baracca. E poi negare l’evidenza non aiuta, anzi fino a oggi ha rappresentato solo un alibi o una maschera dietro cui nascondersi.
E’ ora di finirla e affrontare la realtà per quella che è. Prima che sia troppo tardi, prima che l’Umbria perda oltre ad altri punti del Pil anche il senso di esistere. E di questi tempi qualche riflessione, anche dopo i referendum consultivi in Lombardia e Veneto, andrebbe fatta.
Ha perfettamente ragione l’onorevole Walter Verini quando su queste colonne lancia l’allarme per l’Umbria che rischia di essere schiacciata tra un Nord che cavalca la spinta autonomista e un Sud che rilancia la questione meridionale. E la nostra regione con questi indicatori economici rischia tanto perché sta sprofondando verso il Meridione diventando la prima regione del CentroSud e perdendo quel ruolo di ultima regione del CentroNord.
Insomma qualcosa va fatto, un patto per lo sviluppo, un’alleanza per la rinascita, il nome o la sigla non sono importanti se non vengono riempiti di contenuti e di azioni concrete, ma va fatto in fretta. E chi sono i soggetti che devono prendere in mano la sorte di questa regione? I soliti, e cioè le forze sociali, politiche e istituzionali. Basta solo un po’ di buona volontà e capacità. E le condizioni ci sono perché mai come in questo periodo le risorse non mancano, dai soldi per la ricostruzione a quelli per l’area complessa, dai fondi europei a quelli dell’industria 4.0. Sul risultato non c’è la garanzia, purtroppo. Ma l’impegno, quello sì, andrebbe assicurato per il bene comune, perché gli umbri s’aspettano di essere governati e non di vivere in un’impasse che porta solo all’impoverimento.
anna.mossuto@gruppocorriere.it

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