martedì 2 ottobre 2012

Meglio l'Italia di mezzo
che giocare a risiko

Il punto del direttore del 29 luglio 2012

Tutto si concentra sul filo delle parole. Perfino il destino di qualcosa. Non più soppressione ma riordino. Il riferimento è alla sorte delle Province. Questi enti ritenuti inutili da essere tagliati quasi all’istante,con la scure e senza preavviso. Eppure il percorso si scontra con le istanze dei territori, con le rivendicazioni e le barricate. E’ novità delle ultime ore la salvezza che passa attraverso lo spostamento di un bel po’ di comuni. Quanta confusione sotto il cielo!
Chi si aspettava il dentro o fuori, il bianco o il nero, eccolo accontentato, si fa per dire, con il grigio. Fare un passo indietro è indispensabile. Dopo tante chiacchiere, arriva agli inizi del mese il decreto che stabilisce il taglio di quegli enti che non hanno 350mila abitanti e un’estensione di 2.500 chilometri. I due criteri condannano Terni. Scatta la mobilitazione, via con un emendamento che se approvato avrebbe salvato le due Province in Umbria (e anche in Basilicata e in Molise) con la motivazione che è inconcepibile far coincidere il territorio regionale con una sola Provincia (o viceversa). L’emendamento non passa, passa invece la modifica con la parola“magica” e cioè riordino al posto di soppressione. In sostanza significa che la Provincia di Terni si salverà se raggiungerà i due tetti sopracitati attraverso l’inglobamento di comuni limitrofi. Insomma il famoso riequilibrio di cui si parla da anni e mai realizzato rischia di vedere la luce qualora pezzi di territorio decideranno e voteranno di lasciare la Provincia di Perugia. Insomma un escamotage all’italiana per salvare capre e cavoli. Il bello sarà vedere la reazione di quei paesi che dovranno sloggiare e cambiare “targa”. Sempre che la novità venga approvata e non si faccia l’ennesima ammuina, cambiando le carte in tavola e i criteri in corso d’opera. Ma il senso di quest’operazione qual è?
Se veramente si intende mettere mano all’apparato istituzionale lo si faccia con coraggio e con chiarezza. Le Province che resteranno saranno diverse nella composizione, nel ruolo e nelle funzioni da quelle attuali. Si dovranno occupare di tre, solo tre, questioni e cioè trasporti,ambiente e viabilità. Saranno enti dimezzati e allora il tutto sembra una battaglia di bandiera, di campanile. L'obiezione è che difendere la Provincia significa salvaguardare tutti i servizi annessi e connessi. Ma il “gioco” alla lunga vale la candela? Ha senso, o meglio ce lo possiamo ancora permettere di avere l'ufficio sotto casa, l'ospedale a due metri, il tribunale a tre metri e via discorrendo?
La risposta e' no. Il sistema non regge più. E allora la politica dei tagli e degli accorpamenti e' la sola strada praticabile, ma sia ben inteso a una condizione, vale a dire che i servizi siano sempre garantiti e di qualità. Altrimenti sarebbe tornare indietro, regredire. Ai cittadini comunque non interessa avere l'ospedale vicino se non è all’altezza o il tribunale se non assicura una giustizia rapida. Quindi allargare l’orizzonte sarebbe cosa giusta. E anche un po’ di lungimiranza sarebbe gradita, senza fermarsi sempre al particolare o ai confini del proprio orticello. Nel merito spostare i comuni da una parte all’altra come se si giocasse a risiko non è la soluzione ideale per un riassetto serio e in linea con i tempi. Sembra invece una trovata di corto respiro, di rimedio. Diversamente ragionare sull’Italia di mezzo o Italia mediana, come recentemente ha riproposto anche il professor Francesco Clementi su Umbria24, sarebbe una mossa intelligente per un progetto che aiuta a guardare oltre i recinti di casa nostra, a ragionare sulle macroregioni. Arroccarsi anziché aprirsi non è una strategia vincente perché l’Umbria è pur sempre una piccola regione, di numeri e dimensioni, che se non si guarda attorno rischia di non andare lontano. Approfittare di questo momento per rilanciare il ragionamento sull’Italia di mezzo rappresenta un'opportunità. Ridisegnare la geografia della regione con le solite logiche è uno schema da vecchia politica.
anna.mossuto@edib.it

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