Il punto del direttore del 18 dicembre 2016
Non c’è serenità nella terra umbra nonostante si avvicini il Natale che invita tutti a essere più buoni. Smaltiti i numeri, pessimi, del referendum, ricompaiono i coltelli e i veleni, le polemiche e gli attacchi.
L’atmosfera è tesa un po’ dappertutto, la medaglia d’oro dell’agitazione se la guadagna Terni dove ancora una volta Palazzo Spada è teatro di una baruffa dopo quella andata in scena nell’aula del consiglio poche settimane fa, all’indomani del maxi blitz sugli appalti sospetti nell’ambito municipale.Questa volta la bagarre si è consumata quando alcuni rappresentanti delle cooperative coinvolte nell’inchiesta si sono fiondati negli uffici del movimento 5Stelle che stava tenendo una conferenza sull’argomento. Si è sfiorata la rissa, un’altra volta, con successive stigmatizzazioni degli eventi. In città si respira una brutta aria da qualche tempo, prima per le beghe politiche scaturite da una maggioranza debole e dal dissesto finanziario e culminate in un rimpasto ridicolo, poi da un mese con l’Operazione Spada che getta ombre sull’amministrazione anche a causa di due assessori indagati. E i nervosismi si riversano nella caccia alle streghe ma anche alle intercettazioni e agli atti giudiziari da cui emergono particolari e dettagli alla base delle indagini.
Il sindaco Di Girolamo in preda a una crisi di nervi tenta di buttare acqua sul fuoco ma i panni del pompiere non gli si addicono e il liquido si trasforma in benzina. Prima se la prende con i grillini responsabili a suo modo di vedere di non rispettare il voto democratico e la magistratura, poi rimprovera le cooperative che non rispettano la libertà di espressione. Insomma a Terni si sta vivendo un clima infuocato dove è vero che manca il rispetto ma non solo da parte delle componenti coinvolte nell’ultima baruffa, nel capoluogo il rispetto pare sia diventata merce rara da parte della politica, da parte di quella classe dirigente che si sta rendendo protagonista di uno spettacolo indecoroso. Il riferimento non può non essere al Pd, il partito che governa la città e che soffre di lacerazioni all’ennesima potenza, rispecchiando in pieno una diatriba che parte da Perugia e si propaga nelle periferie. Dal capoluogo di regione le fibrillazioni sono alle stelle anche per le prossime elezioni della Provincia, entro domani alle 12 vanno presentate le candidature e i nervosismi si riflettono sulle liste con Mismetti bis che prima si è dimesso e poi ci ha ripensato facendo tutto da solo e ancora non si sa bene il perché. E per questa partita vanno in scena imboscate, impegni non mantenuti e di tutto e di più, compreso un bizzarro listone unico con il centrodestra. Per la Provincia di Terni si fronteggiano il sindaco di Guardea Lattanzi e quello di Amelia Pernazza, con i numeri dalla parte del primo. Ma la contrapposizione dappertutto riguarda le appartenenze dei protagonisti perché il giochino, chiamiamolo così, in voga da qualche tempo dalle parti del Pd è se si rientra nel novero dei bocciani o dei mariniani. Una “guerra” continua, a volte sotterranea, a volte alla luce del sole, con il povero segretario regionale Leonelli che proprio non ce la fa a ricomporre gli animi e se qualche volta si sente parlare di tregua non è certo per merito suo. A proposito, dovrà trovare applicazione l’accordo sulla riorganizzazione, vale a dire il rimescolamento delle deleghe dei direttori della Regione, accordo raggiunto per trovare una soluzione alla crisi di febbraio scorso con l’uscita dell’assessore alla Sanità dalla giunta. Intanto dopo due settimane dal referendum costituzionale la direzione umbra del Pd si è riunita e il segretario ha analizzato le luci e le ombre del voto. Tra le luci il fatto che a Perugia ha vinto il sì, un refrain di consolazione di chi indica il dito e non la luna. Per la cronaca ricordiamo che in Umbria ha vinto il no e più ombra di così non si può.
Il quadro del Pd in Umbria non è dei più esaltanti, tanto per essere chiari, ma non è che gli altri partiti godano di ottima salute. Anzi. Se fossimo a scuola sarebbero tutti da bocciare o rimandare. Solo il cardinale Bassetti a domanda di Punzi concede la sufficienza, giustificando il voto come una reminiscenza del ’68. Una sorta di sei politico, insomma. Speriamo che non se ne penta altrimenti dovrà recitare un bel po’ di atti di dolore.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it
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