martedì 6 dicembre 2016

Tra correnti e ombrelli
la politica galleggia

Il punto del direttore del 25 settembre 2016
 
La campagna elettorale per il referendum ha ingranato per ora una marcia bassa ma da domani, appena si conoscerà la data della consultazione, subirà un’accelerata sia per i fautori del sì che per quelli del no. Intanto con fatica e senza troppa fretta si torna a parlare di politica; sono riprese le schermaglie, i botta e risposta, i messaggi cifrati.
Ad aprire le danze il Pd con l’uscita dell’onorevole Ascani che in un’intervista su queste pagine ha lanciato un monito ben preciso per il bene del partito e cioè abbandonare le correnti e formare una nuova classe dirigente. Proposte serie che colpiscono, perché pronunciate da chi è già nuova classe dirigente, ma purtroppo non di semplice attuazione. Ne sa qualcosa il segretario regionale Leonelli che per rafforzare le parole della giovane parlamentare ha rincarato la dose, sempre sulle colonne del Corriere dell’Umbria, e ha intimato ai “padrini” del Pd a smetterla una volta per tutte. Una sottigliezza linguistica è doverosa: il segretario ha sempre parlato di correnti a scapito del partito e di “ombrelli” politici sotto i quali alcuni amano ripararsi.
Il concetto rimane identico: basta con le “guerre” tra bande che imperversano non da oggi dentro il Pd. “Guerre” che si riproducono per esempio nell’affollamento o meno alle iniziative. Se organizzate dal partito semideserte, se organizzate dalle correnti tutto esaurito con posti in piedi. C’è qualcosa che non funziona, lo capisce anche un bambino. L’attuale classe dirigente, che è nuova se consideriamo la carta di identità, dovrebbe fermarsi a riflettere sul perché e sul percome certi appuntamenti non solo sono disertati dalla gente comune ma perfino da chi è stato eletto o ricopre incarichi grazie a quel simbolo. E una volta analizzate le cause fare qualcosa per cambiare le cose, per recuperare credibilità e consensi in una regione in cui la governabilità, una volta appannaggio quasi esclusivo dell’area di centrosinistra in cui il Pd è sempre stato azionista di maggioranza, è diventata cosa contendibilissima. A conferma di ciò basta rileggersi i risultati elettorali delle ultime elezioni.
Detto questo, vogliamo dire due parole con chiarezza sulle correnti. La cui definizione una volta non aveva un significato negativo ma anzi chi si affacciava alla politica o era militante di un partito era orgoglioso dell’appartenenza a un gruppo perché comunque si faceva politica, si discuteva, si studiava, si approfondiva, si prendeva posizione, si faceva esperienza e poi negli organismi deputati avveniva la sintesi, dopo confronti serrati tra le anime, tra le correnti appunto, sintesi che era un arricchimento per tutti.
Oggi la sensazione è che le correnti siano gruppi che si combattono per il potere fine a se stesso, per una nomina in più o in meno, per una candidatura a questo o quell’ente, innescando il gioco del “chi è con me” e “del chi è contro di me”. Tale andazzo non porta da nessuna parte, accontenta di sicuro solo qualche ambizione personale. E a proposito, ci fa specie che il segretario si dichiari contro quando il suo incarico è stato il compromesso di due fazioni, di cui una a turno, periodicamente, esprime pentimento. Comunque va dato atto a Leonelli che oggi si batte per il superamento delle correnti perché ammette che il partito così non funziona e forse anche perché è stanco di fare il “pendolo” ed è preoccupato di restare schiacciato da una logica perdente. E’ anche vero però che lui e chi la pensa come lui, la nuova classe dirigente appunto, dovrebbero assumersi la responsabilità di invertire la tendenza.
Sbirciando verso il lato opposto, e cioè dalle parti del centrodestra, anche qui il correntismo impera ma con meccanismi e manifestazioni diverse. La novità è rappresentata dal delfino Stefano Parisi che, insignito dal Cavaliere come leader, deve farsi conoscere e apprezzare anche da queste parti. Ma l’establishment regionale alla convention di Milano non si è fatto vedere, tranne per due avvocati, Biscotti e Perari, che giustamente si sono seduti in platea per capire che cosa sta succedendo. La classe dirigente forzista, dalla coordinatrice Polidori all’onorevole Laffranco, così come i sindaci sparsi per l’Umbria, si è ben guardata dal partecipare, forse poco convinta dopo le esperienze deludenti, in fatto di leadership, di Alfano e Toti, oppure consigliata a non impicciarsi e restare nei propri orticelli. Qui comunque è tutto da scoprire, e il 5 novembre il debutto di Parisi a Perugia sarà un test significativo per capire se il manager milanese potrà sperare di avere un seguito oppure no.
In conclusione, di carne sul fuoco ce n’è parecchia. L’autunno, appena entrato, si preannuncia caldo, molto caldo per i nuovi equilibri e soprattutto per il referendum. Anche il bambino di cui sopra capisce che il Paese e anche l’Umbria sono chiamati a una svolta. Staremo a vedere.
annamossuto@gruppocorriere.it
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