sabato 10 dicembre 2016

Lascia Palazzo Chigi
ma ha ancora il boccino

Il punto del direttore del 5 dicembre 2016

L'Italia non è più la stessa da ieri notte. Lo sapevamo che sarebbe stato così, in un caso o nell’altro, l’abbiamo sentito tante e tante volte durante questa campagna elettorale lunghissima e cattivissima. E così è. Ha vinto il No, hanno vinto i nemici e avversari di Renzi, quelli che da Forza Italia al Movimento 5 Stelle si sono ritrovati uniti sotto la stessa bandiera animati dallo stesso ardore. Obiettivo: far fuori il premier, rifilargli uno sganassone e indurlo a sloggiare da Palazzo Chigi con tutta la riforma costituzionale. E ci sono riusciti perché un po’ di minuti dopo la mezzanotte il presidente del consiglio si è presentato davanti alle telecamere e ha ammesso di aver perso, annunciando che oggi salirà al Quirinale per rassegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato. Un Renzi emozionato e amareggiato che non ha avuto perplessità nel prendere atto della sconfitta, appena un’ora dopo la chiusura dei seggi. Ma si è anche complimentato con i sostenitori del No a cui spetteranno gli onori e gli oneri della vittoria, come pure si è detto fiero e orgoglioso della affluenza dei cittadini, definendola una festa della democrazia.
Il clou del discorso è stato quello relativo al suo passo indietro: “volevo vincere e non partecipare, ho perso e me ne vado”. Un comportamento questo apprezzabile e soprattutto nuovo nella nostra politica perché eravamo abituati a sentirci dire da chi perdeva che non aveva vinto e quindi restava incollato alla poltrona. Renzi in questo è stato di parola, coerente fino all’ultimo. E di questo gliene va dato atto. Anche se ha sbagliato, e questo è stato più volte sottolineato, a personalizzare il referendum, a legare il risultato del voto di ieri al suo destino e a quello del suo governo. Ma d’altra parte di tutto si può dire di Renzi tranne che su questa riforma non ci abbia messo la faccia.
Adesso però i cittadini italiani lo hanno bocciato, bocciando sonoramente il suo quesito referendario. Ma Renzi un suo peso specifico ce l’ha comunque visto che la percentuale della sconfitta è tutta sua, mentre i numeri di quelli che hanno vinto devono essere spartiti fra tante sigle, dal centrodestra alla minoranza del Pd. Insomma Renzi ha perso e va a casa ma potrebbe anche trasformare la sua sconfitta in una dote personale che unita alla guida del partito gli consegna ancora il pallino del Paese.
La bocciatura è stata quasi unanime, a dati ancora non definitivi, solo in Toscana, Emilia Romagna e Trentino Alto Adige si è imposto il Sì. Troppo poco per un risultato diverso. La forbice della distanza tra le due posizioni, 60 a 40, è stata sempre più o meno la stessa fin dal primo exit poll, confermata poi dalle sezioni scrutinate nella notte. Anche l’Umbria ha bocciato la riforma di Renzi, nonostante tutti i maggiorenti del partito si siano, più o meno convintamente, schierati per il Sì. Comunque, sia per la nostra regione che per l’Italia con il voto di ieri si è chiuso un capitolo, da oggi in poi la politica ne apre un altro. L’eredità lasciata da questo voto è duplice, da un lato la divisione netta del Paese, dall’altro la grande partecipazione dei cittadini alle urne.

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