domenica 15 novembre 2015

I nemici sono tra noi:
è un odio da estirpare

Il punto del direttore del 15 novembre 2015

Le parole non bastano per esprimere i fatti di Parigi. Eppure da venerdì notte se ne sono spese tante, tantissime. Di sgomento, dolore, choc, vicinanza. E sotto con dichiarazioni, commenti, fiaccolate, sit in, lacrime e fiori. Mentre sugli schermi delle televisioni di tutto il mondo e via social si inseguivano le immagini delle stragi, della folle violenza che correva lungo le strade della capitale francese, ecco con il passare delle ore razionalizzare e ammettere che si è trattato di un attacco all’umanità, all’Occidente. Anzi, forse siamo proprio nel pieno di una terza guerra mondiale combattuta a pezzi come ha detto con la voce commossa Papa Francesco.
Il 13 novembre come l’11 settembre. E il pensiero va a più di quattordici anni fa quando in diretta tv le torri gemelle di Manhattan, nel cuore di New York, si frantumavano come grissini grazie a due aerei che le squarciavano seminando una scia di panico e morte.
Questa volta il terrorismo islamico ha colpito un Paese nella sua vita quotidiana, nella sua normalità, allo stadio, in un teatro, nei ristoranti, nei bar, facendo carneficina di uomini e donne comuni. Per ciò siamo più partecipi, più coinvolti e colpiti dalle urla, dalle esplosioni, dai cadaveri lungo le strade e dalle disperate fughe di chi provava a mettersi in salvo per scampare alla furia omicida. E per ciò ci sentiamo più fragili, più vulnerabili, meno sicuri perfino nelle nostre case, nelle nostre vie, nei nostri uffici, se andiamo a vedere una partita, se andiamo a un concerto o a un ristorante. Coloro che hanno architettato e portato a termine le stragi sono assassini che si nascondono dietro motivi ideologici-religiosi per raggiungere obiettivi militari e di supremazia nel nome di Allah. Questi assassini per l’ennesima volta hanno sfidato l’Europa, il resto del mondo, con le armi e le bombe. Una sfida di terrore, di odio e di violenza. Non ci sono giustificazioni di sorta a quanto accaduto, si rimane impietriti e impotenti di fronte a chi non si è fatto scrupolo di uccidere all’impazzata. Ma mentre cresce la paura in ogni dove perché il pericolo può essere ovunque, bisogna prendere coscienza che si tratta di una guerra e quindi è indispensabile rispondere con durezza e con coraggio. Il resto del mondo deve difendersi perché gli attentati ci sono stati a Parigi ma potevano essere consumati dappertutto. Il resto del mondo deve decidere da che parte stare, e cioè dalla parte della pace, contro i terroristi islamici. Dai potenti della terra non arrivi soltanto una solidarietà scontata, questa va bene al momento ed è comprensibile, ma non si esaurisca nella solita litania di facciata, molle e ipocrita. Sia invece solidarietà vera nel senso di operatività, di reazione senza sconti e senza perplessità. Ma la soluzione non sarà quella di eliminare i terroristi anche se la tentazione di rispondere occhio per occhio dente per dente è forte pensando alle tante vite innocenti massacrate, perché ciò significa perpetuare i crimini, alimentare la vendetta e procreare odio e sangue. L’ideale sarebbe distruggere, estirpare le ragioni che armano le mani di uomini e donne kamikaze, le ragioni del fanatismo e dell’intolleranza, della malvagità e della violenza. Quindi, per esempio, controlli accurati nelle moschee, nei luoghi di reclutamento di giovani soldati a cui viene insegnato a morire pronunciando il nome di Allah.
L’attacco è arrivato al cuore dell’Europa, il nemico per questi feroci assassini è l’Occidente, la democrazia, siamo noi. Non possiamo più far finta di niente, siamo tutti obiettivi di questi sconsiderati, non possiamo continuare a sperare che gli attentati accadano altrove.
Per favore, da domani i vertici, i G7 o G20 o G40, affrontino con determinazione il fenomeno terrorismo. In ballo c’è il bene più importante dell'umanità, la pace nel mondo.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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