martedì 26 gennaio 2016

Un passo vero verso le riforme

Editoriale Radio Onda Libera del 21 gennaio 2016

Il disegno di legge sul nuovo Senato ha fatto un altro passo avanti con l'approvazione a palazzo Madama. Un momento delicato per il noto problema della risicata maggioranza, ma è andata. E dopo quasi due anni di polemiche pesanti e schermaglie parlamentari, la riforma si avvicina. Ora manca solo l'ultimo passaggio alla Camera ad aprile e il referendum confermativo a ottobre. E se in autunno prevarranno i si, il Senato sparirà come camera politica e resterà solo la camera dei deputati.
Il nuovo Senato delle autonomie sarà formato da 74 consiglieri regionali, da 21 sindaci e 5 senatori a vita. I nuovo senatori saranno 100 in tutto (meno di un terzo degli attuali 315). Cosi cambia (in senso centralista) il rapporto tra Stato e Regioni e sparisce il Cnel, Comitato nazionale economia e lavoro, uno di quegli enti inutili che in tanti avevano promesso di cancellare e poi era rimasto sempre li, uno dei tanti carrozzoni simbolo dello spreco di denaro pubblico. Questi i punti fondamentali della nuova riforma.
Ripercorriamo ora il voto al Senato che ha segnato uno step politico importante. A favore hanno votato in 180, 19 in più della maggioranza assoluta, i contrari sono stati 122. Al di là dei numeri, il dato politico e criticato è stato il sostegno di 17 senatori dell'area di Verdini, l'ex uomo di fiducia di Berlusconi, e qualche dissidente di centrodestra sparso. Perché la maggioranza di governo si sarebbe fermata a 158, e se fossero stati questi i numeri si sarebbe fermato anche il cammino della riforma costituzionale e forse anche quello del governo.
Renzi ha voluto ringraziare i senatori per il coraggio dimostrato, ha testualmente detto, "perché avete scritto una pagina di storia". E a proposito del referendum ha ribadito che in caso di sconfitta del sì considererebbe finita la sua esperienza politica. Ma ha aggiunto che vuole vedere il popolo con chi si schiera.
Intanto spuntano come funghi i comitati del no, di sinistra e di centro e di destra. Di sicuro a ottobre il referendum sarà da interpretare come un plebiscito o meno su Renzi e il suo governo, più che sulla riforma in sé. Politicamente è questo il senso e così dimostrano di muoversi le varie forze che si stanno organizzando, unite dalla sigla tutti contro il premier.
Di certo Renzi ha portato a casa la riforma, contro i pronostici e lo scetticismo di molti, e si diverte ad alzare l'asticella, a dettare le regole del gioco. E lo fa con una punta di decisionismo ma soprattutto indisturbato perché la sua leadership è sempre robusta e per nulla insidiata. Questo per dire che la posta in palio è alta, altissima. Per Renzi ma anche il Paese, poco abituato al cambiamento e alle riforme.

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