lunedì 11 gennaio 2016

L'Italia non pensa ai suoi giovani

Editoriale Radio Onda Libera del 7 gennaio 2016

Vale la pena parlare di lavoro e giovani, perché ci sono almeno un paio di studi che ci forniscono il quadro aggiornato della situazione. Partiamo dalla prima indagine, redatta da Eurostat, secondo cui la laurea ha perso valore, non basta. Almeno in Italia dove solo poco più di metà dei laureati (52,9%) risulta occupato entro tre anni dal conseguimento del titolo di studio. In tutta l'Unione europea solo la Grecia fa peggio, mentre secondo le statistiche Eurostat la media dell'Ue a 28 nel 2014 è dell'80,5%.
Per i diplomati la situazione è peggiore con solo il 30,5% che risulta occupato a 3 anni dal titolo (40,2% nei diplomi professionali).  Nel complesso le persone tra i 20 e i 34 anni uscite dal percorso formativo occupate in Italia nel 2014 erano appena il 45% contro il 76% medio in Europa, indietro quindi di oltre trenta punti. Tra le cause del crollo la crisi economica e le regole restrittive sul l'accesso alla pensione.
Passiamo alla seconda indagine elaborata su dati Istat. Che riguarda la grande fuga dei giovani all'estero in cerca di migliore fortuna: +34% in due anni. Nel 2014 sono stati oltre 90mila gli italiani che hanno cambiato residenza, più della metà dei quali under 40. Le principali mete di destinazione sono state Regno Unito, Germania e Svizzera. Milano è la città da cui si parte di più, ma il fenomeno è maggiormente in crescita a Roma, Palermo e Napoli. La fuga, l' emorragia riguarda, in particolare, i cittadini più giovani, nelle fasce di età compresa tra i 18 e i 39 anni. Una particolarità. A parte Londra e il Regno Unito, le mete di questa nuova ondata migratoria ricorda quella degli anni '50, dopo la guerra: subito dopo le isole britanniche, gli altri paesi di maggiore approdo finale sono Germania, Svizzera, Francia e Stati Uniti.
Ma senza addentrarsi ancora tra i numeri e le percentuali diciamo subito che la fuga all'estero rappresenta un fenomeno su cui si discute da tempo, si fanno analisi sociologiche e statistiche ma dall'agenda politica il tema non compare per nulla. Eppure il problema non è solo sociale ma anche economico perché il sistema spende per formare i cervelli i giovani che poi sono costretti a portare all'estero le loro capacità.
Forse la politica, azzardiamo una spiegazione, tralascia l'argomento perché non ha strumenti o peggio perché considera questa generazione ormai persa.
Di sicuro le due indagini, la laurea che non serve più a trovare lavoro e la fuga all'estero, dovrebbero obbligare la nostra classe politica a fare qualcosa, a prendere di petto la questione, l'occupazione giovanile, e individuare soluzioni, indicare percorsi per rallentare l'emigrazione dei giovani. Un Paese che non pensa alle nuove generazioni è un Paese che non pensa al proprio futuro, è un paese destinato a diventare più povero.


Nessun commento:

Posta un commento