domenica 29 marzo 2015

Mez e le due verità
che non coincidono

Il punto del direttore del 29 marzo 2015

Meglio un colpevole libero che un innocente in carcere. Questa frase racchiude uno dei principii fondamentali del diritto. E calza a pennello per commentare la sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte di Cassazione per Amanda Knox e Raffaele Sollecito accusati, condannati e assolti, ricondannati e riassolti per il delitto di Meredith Kercher, la studentessa inglese di 21 anni uccisa sette e anni e mezzo fa in un casolare alle porte del centro storico di Perugia. Cinque processi e altrettanti colpi di scena. Fino all’ultimo, che ha scritto la parola fine su una vicenda giudiziaria iniziata il primo novembre del 2007 e che ha inferto un duro colpo all’immagine del capoluogo umbro.Secondo i giudici i due ex fidanzatini non hanno ucciso Meredith, l’unico ad averla ammazzata è stato, sempre secondo la nostra giustizia, Rudy Guede, il ragazzo ivoriano condannato definitivamente a sedici anni di reclusione. Lui, a quanto risulta dalle carte del processo, il delitto lo ha commesso in concorso con i due. Ma alla luce di questa nuova decisione qualcosa non torna in questo caso che fin dall’inizio ha assunto le sembianze di un pastrocchio. Tante, troppe, le domande, affollano la mente delle parti e di chi ha seguito l’iter di questa storia. Anche dal punto di vista giuridico. Perché da un lato c’è un assassino che ha seguito il rito abbreviato e quindi la sua posizione si è conclusa con la colpevolezza di un fatto terribile commesso con due coimputati che invece non c’entrano nulla. Ma allora in giro per Perugia ci sono degli assassini che circolano impuniti? Ma allora Meredith è stata uccisa solo da Rudy? E dall’altro ci sono due ragazzi che hanno patito ingiustamente quattro anni di galera per un reato mai commesso, o che perlomeno non è stato provato che l’avessero commesso. Ma allora perché tante e opposte discordanze nei verdetti di giudici diversi? Ma allora perché quest’altalena di condanne e assoluzioni?
In mezzo a tutto ciò resta la tragica fine di una ragazza uccisa senza pietà e senza un perché. E quindi una famiglia che convive con un dolore infinito e che non ha la forza di commentare a caldo l’ennesima sentenza. I Kercher si sono sempre distinti per una grande dignità nella loro richiesta di giustizia e verità.
A fare da sottofondo una sola domanda, un solo assillo: che giustizia è questa? Dal punto di vista emotivo è un interrogativo sensato perché una giustizia che non sa fare luce sul delitto di una ragazza non è giustizia. E la gente comune, il classico uomo della strada, non riesce a capacitarsi come per un collegio Amanda e Raffaele sono colpevoli, per un altro invece sono innocenti. Ma dal punto di vista razionale, questi ultimi giudici hanno deciso in scienza e coscienza non individuando nei faldoni delle indagini prove sufficienti per condannare Amanda e Raffaele. E hanno fatto propria la massima di cui all’inizio di questo editoriale. Ora Perugia e in particolare i Kercher dovranno convivere con un concetto di fondo. E cioè che esistono due verità, una processuale, l’altra storica, che non coincidono. Per la prima solo Rudy è colpevole, per la seconda tutto rimane mistero da scoprire, a parte il fatto che Meredith non c’è più perché è stata sgozzata nella notte di Halloween. Eh sì perché la giustizia non sempre riesce a essere giusta, non sempre riesce a fare chiarezza e a scovare i responsabili di un reato. Questa è l’amara certezza che da oggi in poi accompagnerà questo caso, un delitto risolto a metà. Con questo nessuno vuole dire che i due ex fidanzatini dovessero essere condannati per forza e senza le prove schiaccianti che ne determinassero la colpevolezza e soltanto per tranquillizzare qualche coscienza. No, vale la presunzione di innocenza sempre e comunque ma questo verdetto lascia un po’ di sfiducia nel sistema in generale, a partire da quello investigativo. Di solito si dice che le sentenze si rispettano e non si commentano. A nostro avviso invece si possono e si devono commentare soprattutto quando di mezzo c’è una giovane vita assassinata con efferatezza da qualcuno che non pagherà la sua colpa. Per ora. O forse per sempre. Di fronte a tante parole, di reazioni, discorsi e dichiarazioni, che esprimono sentimenti contrastanti, gioia e sconcerto, incredulità e stupore, a seconda da quali parti arrivano, il pensiero, e per chi crede una preghiera, sarebbe meglio rivolgerlo a Meredith, a chi non ha più la voce per parlare, a chi è stata spezzata la vita, a chi è stato strappato il futuro.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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