martedì 2 maggio 2017

Le primarie del Pd
alla prova dell'appeal

Il punto del direttore del 30 aprile 2017
 
Rieccoci con le primarie. Un appuntamento ormai entrato nella vita del Pd da dieci anni a questa parte, da quando i Ds e la Margherita, si unirono in matrimonio. Anzi il Pd nacque grazie a questo strumento considerato la massima espressione di democrazia e partecipazione perché assegnava alla base, iscritti e simpatizzanti, la possibilità di scegliere il leader, da chi farsi guidare.
Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e le primarie dalle parti del centrosinistra sono state un metodo usato (e forse abusato) per individuare anche i candidati a sindaco o i candidati a presidente di Regione. Un criterio questo giusto e utile per selezionare la classe politica che andrebbe normato e reso obbligatorio per tutti i partiti e per tutte le competizioni elettorali, a patto che siano vere e non finte, che siano il frutto di un confronto e di un dibattito tra posizioni diverse.
Domani sapremo se le primarie rappresentano ancora un appeal, se i gazebo saranno affollati o la gente si è disinnamorata anche di questo. Per la verità la campagna elettorale sia a livello nazionale che locale è stata moscia, l'interesse e la tensione non sono stati alti, forse perché il risultato, dopo il voto nei circoli, pare scontato, e cioè la vittoria dell'ex premier Matteo Renzi rispetto ai due sfidanti, Andrea Orlando e Michele Emiliano.
Due saranno in generale gli elementi di riflessione che ci consegneranno le urne.
Il primo riguarda l’affluenza. Alle primarie del 2013 ci furono quasi tre milioni di votanti, 2,8 per la precisione, in Umbria poco più di 71mila. Oggi le previsioni parlano di un dimezzamento a livello nazionale, da noi idem. Se i pronostici saranno rispettati, qualche domanda sarà lecito oltre che doveroso porsela. Il secondo attiene al risultato. Renzi l’altra volta portò a casa oltre il 74 per cento dei voti degli umbri, gli altri il 15,4 (Cuperlo) e il 10,3 (Civati). Che il primo rivinca non ci dovrebbero essere problemi, dipende con quale margine, ma questo dato avrà un valore diverso nella sua complessità, in Umbria per capire se i renziani della prima e dell’ultima ora hanno rispettato l’impegno oppure no.
In mezzo a queste primarie c’è stato il referendum costituzionale che anche in Umbria non ha portato bene all’allora segretario che per la bocciatura ha dovuto abbandonare Palazzo Chigi.
Oggi i renziani sono la maggioranza, ma i rapporti di forza dentro il partito saranno ridelineati comunque dopo il voto. Basta scorrere le liste dei candidati all’assemblea nazionale, a metterci la faccia più di mezza giunta regionale, compresa la presidente Catiuscia Marini. E quindi gli scherzi non sono ammessi perché su una cosa ha ragione il segretario regionale Giacomo Leonelli, e cioè che l’orizzonte politico stavolta è corto. Troppe scadenze incombono, tra poco più di un mese c’è una prima tornata amministrativa, poi tra poco meno di un anno le politiche, poi ancora il grosso dei Comuni e le europee. Insomma il Pd deve darsi una regolata, deve riprendere la marcia e la direzione perché tra scissioni e correnti il rischio è di farsi del male. E in Umbria è stato capace di farsi del male abbastanza, perdendo municipi come Perugia e Spoleto, e andando avanti tra crisi e dissesti come a Terni e Foligno. Insomma le primarie di oggi possono essere una rinascita, un'inversione di tendenza, oppure la conferma di una disaffezione verso certa politica, verso il Pd.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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