martedì 30 maggio 2017

Lavoro e dignità: il monito del Papa

Il punto del direttore del 28 maggio 2017

L'obiettivo vero da raggiungere non è il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti. Perché senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti”. Parole sante e sacrosante, pronunciate non da un sindacalista o da un disoccupato o da un genitore. Le ha pronunciate il Papa parlando ai lavoratori dell’Ilva di Genova ma erano dirette al mondo intero, alla classe politica e dirigente del Paese, ai potenti della terra.
Il tema del lavoro è la priorità delle priorità, questo nei discorsi e nei comizi lo abbiamo sentito e strasentito tante volte da questo Pontefice e miliardi di volte dai nostri governanti. Eppure da anni la situazione anziché migliorare peggiora gettando nello sconforto e nella disperazione giovani e famiglie perché il lavoro è dignità e su questo alzi un dito chi non è d’accordo.
Le parole di Papa Francesco sono state forti, di quelle che arrivano come un cazzotto nello stomaco di chi ascolta perché mettono a nudo i drammi della società contemporanea. Ma saranno ascoltate, il suo appello sarà raccolto?
Le reazioni sono state numerose perché il pulpito non è uno qualsiasi e tanto meno l’oratore, qualcuno come al solito ha cercato di metterci il cappello con qualche dichiarazione spot via social. Diciamo subito che il Pontefice con il suo intervento non ha tentato di edulcorare i concetti, ma come si suol dire è andato a braccio, firmando una delle tante invasioni di campo a cui in questi quattro anni di pontificato ci ha abituati. Eh sì perché il vescovo di Roma vestito di bianco ha indossato i panni del politico, dettando e scandendo una linea ben precisa. Che è quella del diritto al lavoro per tutti, del rifiuto di cittadinanza intesa come un’elemosina, della buona imprenditoria che non deve speculare, della burocrazia che danneggia anche gli onesti, della pensione anticipata quando penalizza chi può ancora lavorare, della meritocrazia che rischia di diventare una legittimazione etica della diseguaglianza.
Un ragionamento il suo squisitamente politico e poco religioso all'apparenza anche se l’impronta della sua missione è stata fin dall’inizio quella di prediligere le questioni che toccano l'umanità, puntare il dito sulle piaghe che affiggono le persone come appunto la mancanza di lavoro, occupandosi così con vigore e passione del bene comune. E allora Francesco, bacchettando coloro che non si impegnano per garantire l’occupazione e la dignità degli uomini, fa il suo dovere di Capo della Chiesa, si interessa di problematiche che solo erroneamente possono risultare poco consone alla sfera spirituale e molto a quella profana. In realtà la forza di questo Pontefice è di entrare a gamba tesa nei grandi e nei piccoli temi del presente e lo fa con un linguaggio semplice, diretto e per nulla diplomatico perché possiede una strepitosa capacità comunicativa che arriva dritta al cuore e alle menti delle genti.
Tornando alla domanda se le sue parole saranno ascoltate diciamo subito che siamo pessimisti. Troppe e troppe volte i suoi discorsi di monito e di coraggio sono rimasti lettera morta, troppe e troppe volte ai commenti favorevoli ed entusiastici non sono seguite azioni concrete. Troppe e troppe volte la classe dirigente del nostro Paese si è distratta dimostrando una bravura unica nel farsi cogliere da amnesia. Troppe e troppe volte le cose sono rimaste come ieri se non peggio e basta andare a rileggersi le frasi degli ultimi anni. Perché oggi dovrebbe essere diverso? Una parte di noi lo spera profondamente ma la ragione e la memoria ci obbligano a non nutrire tanta speranza. Purtroppo. E sia ben chiaro, siamo ben lieti di essere smentiti.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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