domenica 24 marzo 2013

Cambio di marcia o la barca affonda

Il punto del direttore del 24 marzo 2013

Gli effetti del voto di febbraio si cominciano a vedere e a sentire nei partiti. Le fibrillazioni, come i nervi, vengono allo scoperto con frasi che invocano l’unità e comportamenti invece che rafforzano le correnti e le divisioni. Questa situazione è più marcata dentro il Pd, il partito che ha vinto e ha perso le elezioni, non avendo una maggioranza per governare. A livello nazionale l’incaricato Bersani prova a formare un esecutivo e la chance se la vuole giocare fino in fondo. A decidere in un verso o in un altro saranno i numeri.

A livello locale la discussione sul responso delle urne ha avuto il senso di una doppia seduta catartica, con una linea abbastanza scontata. Bisogna cambiare passo, non si può continuare come prima, basta con i litigi e via dicendo.
Parentesi: almeno i democratici un paio di riunioni per analizzare il voto l’hanno organizzate, gli altri partiti tradizionali, dal Pdl a quelli del centro, si sono chiusi in un mutismo assoluto.
La stessa linea emersa dalle direzioni piddine si può trasferire tout court alla maggioranza che governa questa regione. La coalizione non gode di buona salute, le crepe le mostra a ogni pie' spinto, come ad esempio sull’impostazione e la discussione sul Dap, la finanziaria regionale. Con Rifondazione e una parte dell’Italia dei valori che chiedono di premere sull’acceleratore della pressione fiscale per i ceti più alti e il resto dello schieramento che non vuole toccare l’architettura del Documento.
Intanto l’opposizione va avanti ma non compatta. Fdi-Udc-Lega si distinguono con una nota severa con cui mettono in fila una serie di paletti e vogliono un segnale chiaro che tenga conto delle esigenze dei cittadini. I berlusconiani faranno sapere il loro pensiero in merito in una conferenza prevista per domani.
Ecco, questo lo stato dell’arte sul Dap che approderà martedì in aula. In quella sede si conteranno i favorevoli, i contrari e gli astenuti. E soprattutto si valuterà la condizione della maggioranza.
Qualche considerazione è d’obbligo. Come il Paese ha bisogno al più presto di un governo che provveda ad azioni concrete contro la crisi, così l’Umbria necessita di una politica seria e responsabile per impedire ai parametri economici e sociali di scivolare verso quelli del mezzogiorno d’Italia.
In questi giorni è stato reso noto l’ennesimo rapporto dell’Aur (Agenzia Umbria ricerche) che ha sancito un concetto importante e preoccupante nello stesso tempo. E cioè che l’Umbria sta perdendo il suo ruolo di regione “mediana” e che è sempre più prossima ai territori del sud. Un allarme questo che dovrebbe riguardare e scuotere tutti, dalla politica all’imprenditoria, dai sindacati alle forze sociali e cattoliche. Far finta di nulla e continuare a vivacchiare pensando, o sperando, che prima o poi il peggio passerà potrebbe essere letale. Contro la crisi serve uno scossone, un’assunzione collettiva di responsabilità, una “chiamata” immediata ad agire. Ognuno ovviamente nel proprio ruolo e nelle proprie funzioni. Siamo tutti nella stessa barca e se questa affonda non ce ne sarà per nessuno.
Il cambio di marcia va fatto senza perdere altro tempo, i segnali vanno dati subito a chi ha perso il lavoro, a chi teme di perderlo, a chi non lo trova, a chi è in cassa integrazione.
Restare immobili di fronte a queste emergenze significa non essere adeguati, significa essere distanti dal mondo reale, significa essere chiusi in torri d’avorio e prigionieri dei propri interessi. La gente è stanca e sfiduciata, e con un atto democratico, quello del voto, lo ha detto ad alta voce. Non raccogliere questo grido di dolore vuol dire non saper fare il proprio mestiere. Allora è meglio ritirarsi, meglio lasciare qualsiasi carica e incarico e concentrarsi su altro. E’ una questione di coscienza e onestà.

anna.mossuto@edib.it
www.annamossuto.it

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