martedì 2 febbraio 2016

Una tragedia che ci riguarda

Il punto del direttore del 31 gennaio 2016

Cosa è passato nella mente di quell’uomo quando si è armato del coltello con cui ha massacrato i suoi figli, la carne della sua carne? Quali pensieri lo hanno accompagnato verso l’abisso della sua follia omicida? Un fatto del genere, raccapricciante e terribile, spaventa e inquieta solo a enunciarlo, solo a esprimerlo per titoli.
Quando accadono episodi del genere si stenta, si fatica a trovare le parole per definire, per raccontare, per spiegare. Perché i dettagli passano in secondo piano rispetto alla dimensione, alla portata dell’evento e addentrarsi nei particolari macabri di un duplice delitto stuzzicherebbe la curiosità ma non aggiungerebbe nulla a quanto di efferato avvenuto.
Perché non ci sono risposte a comportamenti del genere, non ci sono argomentazioni nel giustificare un padre che uccide i propri figli se non si ricorre a una malattia della testa, a una ferita profonda dell’anima, alla paura di non poter mantenere la famiglia. Poi si può cercare di individuare e trovare le motivazioni, depressione e problemi economici, ma nulla è giustificabile di fronte alla strage compiuta. Che lascia una comunità, un paese, una regione intera inorridita e sgomenta. Ma pone anche mille e più interrogativi su che cosa si sarebbe potuto fare per salvare la vita a due bambini colpevoli soltanto di essere nati e anche a un povero uomo ostaggio della disperazione.
Se quella famiglia era, come pare, a rischio e “attenzionata” da chi ha il dovere di seguire casi delicati, allora qualcosa non ha funzionato, la rete della prevenzione e della solidarietà si è rotta e il sangue, sangue innocente, è stato versato. Oltre a condividere l’orrore per quanto consumato in una frazione di poche centinaia di persone in riva al lago, sarebbe opportuno fermarsi a riflettere sul perché accadono fatti del genere in una regione come la nostra una volta considerata isola felice. Insomma il duplice infanticidio e il suicidio di un padre malato non possono essere liquidati come fatti privati, le cui cause sono chiuse all’interno delle pareti domestiche. La tragedia chiama tutti, indistintamente, a una sorta di responsabilità, non solo collettiva e quindi generica. Perché questi drammi ci dovrebbero addolorare ma anche scuotere.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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