Oggi parliamo della Perugina perché dopo due anni di proteste e prese di posizione,
polemiche e commenti, si sta delineando il futuro dell'azienda di San Sisto. E
questo anche grazie a una iniziativa dei lavoratori della Nestlé. Che ieri
mattina hanno presentato il loro piano industriale all'azienda.
Un fatto significativo questo che ridà vigore e slancio
al ruolo e alla funzione del sindacato, abbastanza appannato negli ultimi anni.
Invece le organizzazioni sindacali interne della storica azienda del cioccolato
si sono messe a studiare, hanno elaborato una strategia per lo sviluppo
dell'attività e la salvaguardia dei posti di lavoro. E l'hanno sottoposta, cosa
inedita sul terreno delle relazioni sindacali,
all'attenzione della controparte, agli esponenti della Nestlé. Senza dubbio un punto a favore del sindacato
in generale e contro coloro che vorrebbero lo smantellamento degli organismi
che storicamente rappresentano i lavoratori.
E ora vediamo cosa hanno chiesto le rsu ai vertici
aziendali. Dopo aver parlato di volumi produttivi, di numeri e qualità dei
prodotti hanno chiesto una diversificazione per mantenere i livelli
occupazioni: dalla confiserie ai biscotti, passando per il caffè. Questo perché
"essere legati al solo cioccolato è un rischio nel mercato globale, oltre che
una strada che costringe a una spiccata stagionalità". Ora che succede? I vertici della multinazionale svizzera
presenteranno il loro Piano industriale
nell’incontro fissato per il 2 marzo prossimo.
La vertenza della Perugina è una vertenza importante. In
gioco ci sono centinaia di posti di lavoro, il futuro di
centinaia di famiglie. E ciò vuol
dire che questo percorso va seguito con attenzione da parte delle istituzioni e
dell'opinione pubblica perché parliamo dell'azienda simbolo, che ha fatto la
storia della città di Perugia. Come se, permettete una similitudine, le
acciaierie l'hanno fatto per Terni. Anche queste in mano a una
multinazionale, la Thyssen, nel 2014 interessata da un pesante piano di
ridimensionamento che ha scatenato la rabbia degli operai.
Sull'attività e il futuro di queste due grandi fabbriche
che producono cioccolato e acciaio nel mondo andrebbero fatte delle riflessioni
e nello stesso tempo chiedere impegni concreti sul fronte degli investimenti e
della valorizzazione dei siti.
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