A volte un filo può unire il sacro e il profano, la
religione e la politica, e risponde al nome di ribellione, contestazione,
dissenso. E’ quanto accaduto nelle ultime ore nei due capoluoghi. Per rispetto di San Valentino cominciamo dalla rivolta dei
fedeli ternani che hanno manifestato pesantemente contro il vescovo Giuseppe
Piemontese “colpevole” di voler trasferire l'urna del patrono in cattedrale per
i solenni festeggiamenti.
Una protesta clamorosa, mai accaduta nella città
dell'amore e forse non solo là, che ha scatenato sorpresa e indignazione.
L'immagine dei parrocchiani che circondano con le panche la reliquia e
impediscono la traslazione è qualcosa di forte, quasi di inverosimile. Al di là
delle posizioni (ma c'era proprio bisogno di spostare la salma del patrono?),
quello che è mancato venerdì sera è stato il buon senso. In chiesa sono volate
parole grosse, anche offensive, che hanno oscurato il significato di una festa
religiosa prima di tutto ma anche intaccato il senso di convivenza ...tra le
diverse componenti della società ternana. Lo scontro plateale tra il potere
della Chiesa e il comune sentire dei fedeli non ha fatto fare una bella figura
(ma le istituzioni locali perché non si sono adoperate per evitare uno
spettacolo del genere?) a nessuno. Esiste un limite che va sempre rispettato,
pur manifestando contrarietà e disaccordo, ed è quello del rispetto. Se si
oltrepassa vanno a farsi benedire le prediche e i sermoni, i discorsi e gli
appelli al dialogo. Poi vale sempre il detto che si scherza con i fanti ma non
con i santi.
E quindi cambiamo argomento e città. A Perugia la politica,
precisamente il centrosinistra, ha segnato un altro round sulla sanità e in
particolare sulle nomine dei prossimi direttori generali. Nell'ultima riunione
di maggioranza si sono sentite frasi inopportune e anche minacciose perché la
frattura tra le correnti (?) non è un'invenzione o un artificio. Al contrario è
reale e consistente ed esce anche fuori dai Palazzi.
Tra chi vuole imporre un criterio, quello del cambiamento
dei vertici sanitari, e chi propende per non disperdere la competenza di
qualcuno. Le parti sono lontane, come la distanza tra il giorno e la notte, il
sole e la luna. Il punto di caduta o di equilibrio è, come si suol dire, in
alto mare e il braccio di ferro tra la presidente della Regione Catiuscia
Marini e il suo assessore alla sanità Luca Barberini è cominciato da qualche
mese, diciamo dal risultato delle elezioni del 31 maggio scorso, e rischia di
trasformarsi in uno scontro istituzionale senza pari. Chi la spunterà? Il tempo
stringe, martedì in consiglio regionale si parlerà della mozione del
centrodestra che vuole le pagelle dei direttori uscenti e i parametri per
indicare i nuovi apicali. Non ci saranno, almeno così sembra, ulteriori
proroghe ed entro il mese dovranno uscire fuori i nomi.
Certo che, in questa partita, le due squadre mettono a
rischio la credibilità e anche un bel po' di faccia. Da parte nostra crediamo
che il cambiamento sia doveroso ma non fine a se stesso, tanto per spostare
qualcuno al posto di un altro, tanto per avere l'ultima parola, aggiudicarsi la
medaglia e godersi la soddisfazione della vittoria. No, il cambiamento deve
essere accompagnato dal merito, dalle capacità, perché altrimenti sarebbe un
gioco al massacro. Al massacro della sanità umbra. E scusate se è poco. Oggi di
tutto c'è bisogno, innanzi tutto il buon senso, tranne che di una
"guerra" sulla salute degli umbri.
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