venerdì 5 febbraio 2016

Servono i fatti per salvare le donne

Editoriale Radio Onda Libera del 3 febbraio 2016

L'argomento di oggi è gli omicidi delle donne, perché la cronaca obbliga a parlarne, perché i numeri non sempre rispecchiano la realtà e la portata del fenomeno. Tre vittime in ventiquattro ore. Dall'inizio dell'anno sono già dieci le donne uccise da mariti, ex compagni o parenti. Inutile commentare questi dati, sono allucinanti in sé. Ma vanno sfatati, anzi smontati, un po' di luoghi comuni.
Smettiamo di contare soltanto le donne uccise e di aggiornare le statistiche con i lutti perché può risultare un esercizio ripetitivo. Per carità, l'omicidio è il punto ultimo di un'escalation di violenza, ma è anche ipocrita parlare di questi delitti solo quando avvengono, solo quando è troppo tardi, solo quando non c'è più nulla da fare.
A proposito, il termine femminicidio, molto di moda negli ultimi tempi, ci pare inappropriato perché ottiene l'effetto contrario. E sappiamo quanto il linguaggio sia importante. Quando si ammazza una persona, maschio o femmina che sia, si commette un reato orribile che non cambia tipologia o gravità se la vittima e di un sesso o di un altro. Insomma, e chiudiamo la parentesi, non è che per definire il delitto di un uomo ci siamo inventati il termine maschicidio.

E poi per favore smettiamola di considerare la forma superiore alla sostanza. I delitti in famiglia, frutto la maggior parte di violenze ripetute, sono un allarme sociale. Dieci anni, fa una ricerca molto seria e approfondita sulla violenza contro le donne in Italia fece emergere una realtà sommersa terribile: dieci milioni di italiane confessavano di avere subito violenza fisica, sessuale o psicologica nella stragrande maggioranza dei casi per mano degli uomini di famiglia.
Da allora sono state istituite commissioni di pari opportunità, task force, gruppi di studio, osservatori, e chi più ne ha ne metta, ma purtroppo la situazione è sotto gli occhi di tutti: dieci donne uccise in un mese e due giorni rappresentano solo la punta dell'iceberg. Di fronte a tanta violenza c'è il fallimento di un sistema di prevenzione che non funziona, che non ascolta, che non aiuta chi subisce violenza e poi magari quando succedono le tragedie si versa qualche lacrima fingendo un dolore di circostanza. Più che ai linguaggi e alle parole di solidarietà, che come un replay vengono espresse a ogni evento tragico, si pensi a un piano serio di interventi, di sostegni a tutte le potenziali vittime che possono morire per mano di un uomo.

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