venerdì 31 ottobre 2014

Riparte la trattativa sul futuro dell'Ast

Editoriale Radio Onda Libera del 31 ottobre 2014

Dopo le cariche della polizia di mercoledì a Roma, per gli operai dell'Ast si apre uno spiraglio. Una settimana ancora. Per sapere se la trattativa ripartirà su nuove basi e con un nuovo piano oppure la Thyssen Krupp metterà sul tavolo le stesse condizioni di tre mesi fa. L'incontro al ministero dello Sviluppo economico è stato fissato per giovedì prossimo. Ci saranno i sindacati, l'azienda e il ministro Guidi. E' questa la disposizione data da Renzi all'indomani degli scontri romani. Certo ci sono volute le manganellate dei poliziotti per sbloccare la situazione. Questa è purtroppo l'amara constatazione. Chiusa la parentesi.
Intanto da oggi si apre una settimana lunga, i lavoratori dovranno decidere che cosa fare in attesa dell'incontro romano. Ricordiamo che sono in sciopero, ininterrottamente, da dieci giorni. Ai quali vanno aggiunti quelli a cui hanno dato vita nelle settimane e nei mesi precedenti. A cominciare da quello di otto ore del 17 luglio, quando l'Ast annunciò il piano "lacrime e sangue".
Vediamo ora gli scenari che si annunciano all'orizzonte. E' probabile che il ministro Guidi riproponga il lodo proposto il 9 ottobre. E cioè la richiesta di ridurre i risparmi da 40 a 30 milioni sul costo del lavoro, scendere da 537 a 290 gli esuberi, di cui 140 sono già usciti accettandone gli incentivi dell'azienda e mantenere in funzione i due forni in viale Brin. Bisognerà vedere che risponderà l'azienda tenendo conto che la situazione da allora è peggiorata e citiamo il caso Ilserv, la ditta esterna a cui l'Ast ha tolto l'incarico causando la mobilità di 200 dipendenti su 330. Si suppone che l'incarico sarà confermato fino a fine anno.
Comunque fin qua gli aggiornamenti. Ora qualche considerazione. La vertenza Ast come stiamo constatando non è la solita querelle tra sindacati e imprenditori. Qui c'è una multinazionale che non guarda in faccia a nessuno, mai come in questo periodo le istituzioni locali contano quanto il due di coppe quando la briscola è di un altro seme. E però la classe dirigente umbra mai si è resa conto è se lo ha fatto non si è adoperata più di tanto, non si è resa conto di quanto sarebbe accaduto. E non ci voleva la palla di cristallo per immaginare un piano di riduzione del personale dal momento che la produzione cala o viene spostata. In quel periodo si sarebbe dovuto fare qualcosa, mettere qualche paletto e pretendere qualche garanzia.
Ora si possono limitare i danni, ma questo non ha nulla a che fare con la politica industriale o il bene comune dell'Umbria.

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