domenica 5 ottobre 2014

La cultura dell’incontro
non vale per la politica

Il punto del direttore del 5 ottobre 2014

San Francesco non è un santo qualsiasi. E' colui che meglio di tutti, o prima di tutti, ha interpretato i valori cristiani della povertà e dell'umiltà, della pace, della fratellanza e del rispetto del creato. Il suo insegnamento a distanza di secoli è di straordinaria attualità oltre che di immensa grandezza. Il Poverello d'Assisi è un gigante della Chiesa, un personaggio del medioevo di grandissima caratura, citato da Dante Alighieri nella Divina Commedia con le parole "nacque al mondo un sole".


Ieri i riflettori sono stati accesi per tutta la giornata sui luoghi dove ha vissuto, sulla sua tomba, per celebrare la festa del patrono d'Italia, con la messa, l'accensione della lampada votiva e la cerimonia, alla presenza di ospiti illustri con una folta rappresentanza del governo oltre i tanti parlamentari locali e tutte le massime autorità. Il racconto dei festeggiamenti è nelle pagine interne. Qui vogliamo focalizzare l'attenzione e riflettere su un punto, un aspetto particolare che è degno di nota soprattutto perché ci riguarda da vicino, molto da vicino. L'Umbria da circa tre mesi vive nell'angoscia per il destino dell'Ast, le acciaierie ternane, la prima fabbrica della regione che con i suoi quasi 3000 dipendenti, senza calcolare l'indotto, rappresenta il 20 per cento del prodotto interno lordo. Ebbene, l'azienda tedesca Thyssen Krupp ha presentato a metà luglio un piano subito definito lacrime e sangue che prevede 550 esuberi (ora passati a 290) e il ridimensionamento della produzione. Un colpo micidiale all'economia del territorio che mette in ginocchio famiglie e falcidia lo sviluppo, se non ci saranno ripensamenti e passi indietro.
E' iniziata una trattativa lunga e faticosa, anche ieri, fino all'alba, si sono confrontate le parti sul tavolo del ministero, i lavoratori sono in preda alla disperazione perché vedono a repentaglio il loro futuro. Martedì ci sarà un altro incontro, forse per chiudere l'accordo, forse per rinviare ancora.
Qualcuno direbbe ma che c'azzecca questo con San Francesco e tutto il resto? C'azzecca, eccome. Perché il premier Renzi più volte in questi mesi ha promesso che sarebbe andato a Terni, a incontrarsi con i dipendenti. Ieri poteva essere il giorno adatto, prima o dopo la messa, per fare un salto in viale Brin o per un colloquio in una città santa come Assisi. Un atto di presenza a chi sente e vive sulla pelle i morsi di una vertenza che rischia di annientare esistenze e futuro. E invece cosa è successo? Renzi ha "benedetto" gli operai dell'Ast dalla loggia del convento dicendo di seguire la vicenda e star loro vicino con il pensiero e i frati (nelle persone del custode padre Mauro Gambetti e del portavoce del convento padre Enzo Fortunato) si sono "occupati" di politica incontrando a pochi metri di distanza una delegazione dei lavoratori da cui si sono fatti consegnare le istanze e le richieste da inoltrare al presidente del consiglio. Di fronte a questo pare proprio che le parti si siano invertite, che i ruoli di chi rappresenta la chiesa e la politica si siano confusi. Forse si sarebbe dovuto spingere per un incontro vis-à-vis e non solo per un pensiero perché a volte le azioni sono più importanti delle parole. Soprattutto se le prime arrivano da chi rappresenta lo Stato, da chi ha il dovere di governare il Paese. E probabilmente gli operai delle acciaierie s'aspettavano che anche le autorità regionali, laiche e religiose, si sarebbero date da fare per far sì che l'incontro con il premier avvenisse. Invece non è stato così, oppure se ci hanno provato il risultato è sotto gli occhi di tutti. Peccato, un'occasione persa per una bella pagina di rapporti tra politici e cittadini prima ancora che operai ma soprattutto una nota stonata in una giornata nel corso della quale è stato ancora una volta ribadito il forte messaggio di San Francesco che soprattutto con i gesti e non con le chiacchiere firmò una vera e propria rivoluzione quando oltre otto secoli fa si spogliò dei suoi averi e abbracciò la povertà per farsi fratello degli ultimi.
In conclusione, il ricordo di questa giornata non può che andare a un altro Francesco, Papa Bergoglio, che esattamente un anno fa per la festa del Poverello iniziò il suo pellegrinaggio in Assisi da un luogo simbolo della sofferenza, dall'Istituto Serafico, dove sono evidenti le piaghe di Cristo. Lì il Pontefice invitò a promuovere la cultura dell'incontro, quell'incontro che significa andare verso gli altri per perseguire il bene comune.  E, a proposito, ha fatto bene il vescovo Domenico Sorrentino a invocare la riforma delle riforme, quella morale, l'unica che può vanificare una certa, cattiva, politica.

anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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