lunedì 20 ottobre 2014

Tra l’acciaio e la marcia
c'è la capitale bocciata

Il punto del direttore del 19 ottobre 2014

Lavoro, pace e cultura. Non è uno slogan. Sono le tre parole che sintetizzano i tre grandi eventi della nostra regione. E si tratta di eventi straordinari, quasi di pari grado e importanza pur se in ambiti differenti. Ci riferiamo, nell’ordine, allo sciopero generale in difesa delle AcciaieriediTerni, alla marcia per ribadire ancora una volta un forte no a tutte le guerre e alla bocciaturadiPerugia-Assisi capitale europea della cultura 2019.
- Vertenza Ast. In quindicimila hanno manifestato lungo le strade di Terni per ribadire la ferma opposizione al piano industriale della Thyssen Krupp che prevede centinaia di licenziamenti e un ridimensionamento del sito produttivo dell’acciaio con la chiusura di uno dei due forni. E’ stato uno sciopero caratterizzato dalla rabbia e dalla disperazione, arrivato dopo giorni e notti di tensioni e nervosismi, ma anche da una compattezza forte di una comunità che da sempre si ritrova e si riconosce nelle Acciaierie.
L’identità di Terni è da sempre cresciuta e si è rafforzata con la fabbrica di viale Brin perché tutte le famiglie direttamente o indirettamente hanno qualcuno che lavora lì. Un po’ come la Fiat per Torino, tanto per fare un esempio di questi giorni. E se il cuore di una città viene aggredito la reazione non può essere di indifferenza o di rassegnazione, perché in gioco c’è il futuro dei figli, c’è il lavoro di una vita. E quindi sono comprensibili anche i fischi e le contestazioni a chi in piazza fa le difese d’ufficio e a chi nei palazzi della politica non riesce a imporsi per salvare l’Ast.
Come sono apprezzabili le dichiarazioni di solidarietà che arrivano da tutti gli ambienti e da tutte le città della regione. Perché come abbiamo più volte scritto con convinzione la partita dell’acciaio è la partita dell’Umbria. E questa partita va giocata fino in fondo, con coraggio e determinazione, con capacità e tenacia.
Riaprire il tavolo delle trattative è doveroso da parte del governo. Questo l’ultimatum gridato dai lavoratori e dalle donne, dai giovani e dagli anziani scesi in piazza. Va accolto, e in tempi stretti. E tutti devono spingere in questa direzione, non si può abbandonare una città al proprio destino (deciso dalla multinazionale tedesca) come non si possono abbandonare i lavoratori, ma questo se lo devono ricordare coloro che dovrebbero avere al primo punto della propria agenda le sorti dell’economia. Invece purtroppo si assiste alla solita passerella di personaggi che fanno appelli e non si adoperano nei fatti, che si acquietano la coscienza con il solito comunicato e tornano a casa dimenticandosi il dramma che vive il dipendente dell’Ast. Insomma la mobilitazione della città c’è stata e anche alla grande, ora ci sia quella delle istituzioni e dei sindacati, delle associazioni e dei politici, del governo e dell’azienda. Altrimenti...meglio non pensarci!
- Marcia della pace. Oggi l’ennesima sfilata da Perugia ad Assisi per invocare la fine di tutti i conflitti, quelli fatti di armi e di violenza. In questo periodo più che mai la pace non è soltanto un valore o un’aspirazione, ma un impegno concreto perché laddove non esiste proliferano anche miseria e povertà oltre ovviamente a morte e distruzione. La pace è anche un interesse ed è trasversale, riguarda tutti e in tutto il mondo. Parlarne solo quando si organizzano le marce quasi come se fossero delle scampagnate con tante bandiere arcobaleno è incoerente e soprattutto ipocrita. Perché le guerre non sono purtroppo a tempo e a nostro piacimento e la pace non può essere a intermittenza. Insomma il messaggio di Aldo Capitini, che ne fu l’inventore, voleva essere continuo e presente, non rispolverato in certe occasioni o per certi opportunismi. E poi la pace si costruisce ogni giorno perché influisce su concetti e valori altrettanto importanti come lavoro, dignità, economia.
Infine, dopo la marcia si apra una riflessione seria sul patrimonio che essa rappresenta per il bene di questa regione. Non può essere intesa come una passeggiata sporadica, spesso e volentieri anche strumentalizzata o tirata per la giacchetta da questo o quel gruppo di pacifisti o pseudo tali.
- Perugia capitale europea della cultura 2019. La bocciatura era nell’aria, inutile nasconderlo. Matera ha vinto. Evidentemente la proposta lucana è stata ritenuta valida e innovativa. E quella nostra non all’altezza. Le chiacchiere stanno a zero. Ma due parole vanno spese. Perché se è vero che la Fondazione, nata in seguito a un’idea lanciata da questo giornale (sarebbe onesto ogni tanto dare a Cesare quel che è di Cesare) si è arrabattata nel preparare un dossier zeppo di capitoli inneggianti la storia e la bellezza del capoluogo e confidando nel Poverello, per il resto il coinvolgimento e la partecipazione della popolazione sono stati penosi, nonostante le convocazioni a raffica di conferenze e incontri. Il progetto, a differenza delle altre città della short list, non è stato sostenuto con calore e convinzione, né con entusiasmo e passione. Forse perché di grandi e mirabolanti idee non se ne sono viste, anzi lette. Per capire che la gente lo considerava una cosa astrusa bastava andare in giro e chiedere un parere, un’opinione. Ha ragione Renzo Massarelli quando scrive nell’articolo di oggi che Matera ha vinto perché ha più fame di futuro. Perugia evidentemente no. Ora per favore si faccia un atto di umiltà e ci si interroghi sulle ragioni della bocciatura, un po’ di autocritica non farebbe male. Anzi da questo schiaffo si dovrebbe ripartire severamente si vuole il bene della città. Altrimenti questa storia si rivelerà un’altra occasione persa.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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