Una notizia triste, emblematica di un disagio profondo.
Un ragazzo di 26 anni si è ucciso perché senza lavoro. Il dramma si è consumato in un paese nel Milanese, in
Brianza. Da tempo il giovane era depresso, la disperazione lo aveva assalito
per il fatto di non essere più indipendente dal punto di vista economico. Il giovane si è sparato in casa dei genitori, con cui
viveva; secondo quanto riferito dagli investigatori alla base del gesto ci
sarebbe, ancora una volta, la crisi economica e quella personale di un ragazzo
che non sopportava più di sentirsi un fallito, di non riuscire a trovare un
lavoro, di mantenersi.
Il particolare è emerso dai familiari, che lo vedevano
da tempo molto preoccupato, cioè da quando aveva smesso di lavorare come
muratore senza più riuscire a trovare una nuova occupazione e ripeteva come un
mantra che non aveva nemmeno i soldi per le sigarette.
Questo suicidio è soltanto l'ultimo di una lunga serie
di vittime della crisi, di imprenditori in difficoltà che hanno pensato di
farla finita, di pensionati che hanno pensato di togliere il disturbo perché
non riescono a sopravvivere con la pensione, di giovani che non vedono un
futuro.
Il quadro è drammatico, sono sempre di più le famiglie
che chiedono aiuto alla Caritas, il tasso
di disoccupazione è da record, il malessere sociale rischia di sfociare in
tensioni. Il governo, le istituzioni hanno il dovere di fare
qualcosa di concreto, e non di rinviare
ogni decisione. Inutile prevedere gli sgravi fiscali per chi assume, le
fabbriche chiudono perché non producono, figuriamoci se gli imprenditori
possono pensare ad assumere.
Il lavoro è la vera, l'unica emergenza di questo Paese.
Se chi ci governa non se lo mette in testa e soprattutto non si mette una mano
sulla coscienza allora sarà difficile nutrire una speranza.
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