domenica 7 luglio 2013

Guardando oltre c'è l'Italia di mezzo

Il punto del direttore del 7 luiglio 2013

L’assetto costituzionale dello Stato così non va. E’ vecchio, anacronistico. Ne sono tutti consapevoli. A cominciare dai partiti quando propongono, soprattutto in campagna elettorale, riforme a iosa. Riforme per ridisegnare e ringiovanire la Costituzione, per ammodernare il Paese.
L’ultima riguarda le Province che oggi come oggi non hanno ragione di esistere. Anzi vanno abolite. L’argomento è tornato d’attualità. A riprovarci è il governo Letta dopo il pastrocchio di un anno fa firmato da Monti e bocciato dalla Corte costituzionale.


Questa volta il colpo di spugna riguarda tutti gli enti intermedi e non solo alcuni in base a criteri che nell’estate scorsa non fecero altro che far esplodere la polemica e irrobustire i campanili di tutt’Italia. Ma anche adesso le reazioni non si sono fatte attendere e sono anche di marca bipartisan. Perché quando si minacciano posti e posticini la ribellione non ha categorie, anzi riscuote l’unanimità.
Al di là dei percorsi adottati e speriamo che stavolta siano regolari, la posizione sul merito, sui contenuti della proposta di abolizione delle Province questo giornale già si era espresso. E non ha problemi a rifarlo oggi con il quadro mutato. La premessa è che il sistema Paese va cambiato, non reggono più gli architravi che hanno accompagnato la stesura della Costituzione. Se si è tutti d’accordo su questo presupposto allora coerenza vuole che si pensi, si studi, si elabori un nuovo modello. Modello che deve tener conto delle nuove esigenze, dei nuovi agglomerati, dei nuovi bisogni dei cittadini. E deve tener conto di indicatori fondamentali, tipo quelli economici e sociali.
Allora, per la nostra regione che è grande quanto un quartiere di Roma ha ancora senso parlare di Province? Non sarebbe meglio, e più produttivo, incanalare ogni ragionamento e ogni energia su un dibattito più ampio che superi lo stesso territorio umbro? Insomma, l’anno scorso con la proposta Monti si scatenò una “guerra” dialettica tra ternani e perugini, con una difesa strenua di un pezzo di terra che vale e conta peraltro un terzo dell’intera area. Il timore era che cancellando Palazzo Bazzani si sarebbe spazzata via l’identità di un popolo, di una storia. Ovviamente non sarebbe stato così ma è anche inutile andarsi a rileggere commenti e prese di posizione di un anno fa perché l’agenda impone un superamento di tutto, perfino delle chiacchiere e delle argomentazioni di allora.
Quindi accantonando il dibattito sulle Province che vivrà di forza propria visto che si tratta di poltrone e poltroncine, quello che andrebbe ripreso e sviluppato sarebbe il discorso sull’Italia di mezzo. Un’idea accarezzata qualche anno fa da chi pensava e pensa che la nostra Umbria da sola non possa bastarsi più. Perché ha tanti vantaggi, tanti pregi, ma anche tante debolezze. Quale migliore strada allora se non quella dell’unione, del mettersi insieme, per rafforzarsi e avere un peso contrattuale diverso rispetto alle altre aree della Penisola? Sarebbe una soluzione intelligente, un percorso innovativo, una riforma lungimirante. Ogni tanto si organizzano dibattiti in merito, tre anni fa perfino degli Stati Generali a Perugia con esponenti e istituzioni delle vicine Toscana, Lazio e Marche, poi la routine politica fa rimanere tutto appeso, senza riuscire a dare le gambe a una buona idea come questa dell’Italia di mezzo. Di recente il Pd a Orvieto ha ripreso il tema e ha messo attorno a un tavolo gli amministratori delle regioni del Centro Italia. Ecco, un plauso a questo partito che non vuole abbandonare una strada tracciata, una riforma che guarda al futuro. E in tal senso fanno ben sperare le parole della governatrice dell’Umbria Catiuscia Marini che ha assicurato al più presto azioni concrete in tale direzione. Per mettere le fondamenta a una casa comune, alla casa dell’Italia mediana. Insomma anziché perdere tempo a disquisire di Province sì e Province no, dal cuore verde d’Italia arrivi un segnale forte, un invito a guardare oltre, a superare il particolare, a guardare la luna e non il dito. Sarebbe un’ottima prova di buona politica

anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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