domenica 28 luglio 2013

Difendere l'università
è un obbligo di tutti

Il punto del direttore del 28 luglio 2013

L’università non è un’istituzione qualsiasi. È la “fabbrica” culturale per eccellenza di una comunità. Perché crea intelligenze e ricchezza. Difenderla dovrebbe essere un dovere, quasi un obbligo, oltre che una scelta di buon senso. Per una serie, comprensibile, di ragioni di facile intuizione. Se questo non avviene, disinteressarsene è ancora più colpevole che attaccarla.

In Umbria abbiamo due atenei,  uno prestigioso e antico di oltre 700 anni, che è stato sempre un polo attrattivo dall’intera Penisola, l’altro harichiamato studenti stranieri da tutto il mondo per l’insegnamento della lingua italiana. Due istituzioni che hanno arricchito la città e la regione, che però sembrano non perfettamente integrate nel tessuto politico, sociale e produttivo, a volte si ha la sensazione che siano quasi tollerate. Invece Perugia e l’Umbria hanno bisogno delle due università, ne hanno bisogno oggi più che mai, oggi che la crisi sferra i suoi colpi e spegne un’azienda dietro l’altra, oggi che la ricerca può spingere i talenti, oggi che la sfiducia e l’incertezza prendono il posto della speranza.
Le storie delle due università sono diverse in tutto, nei numeri e nella governance. Palazzo Gallenga ha scelto il suo rettore in pochissimo tempo, anche spaccandosi come una mela perché Giovanni Paciullo è riuscito a essere eletto al primo colpo ma veramente sul filo di lana. Su Palazzo Murena ci sono gli appetiti di quattro (forse 5) candidati che ambiscono a prendere in autunno il posto del magnifico Francesco Bistoni.
Una lotta infuocata non solo dalle temperature ma anche e soprattutto dai ricorsi, dai controricorsi e da una buona dose di veleni. Qui la partita è aperta, apertissima e la campagna elettorale, nonostante le ferie, è nel vivo con siti incandescenti e programmi incentrati sull’università del futuro.Una sfida importante, una sfida che deciderà il destino dell’ateneo.Ora,a prescindere da chi vincerà, l’aspetto da sottolineare è che non deve trattarsi soltanto di una guerra di potere al finedi indossare il massimo ermellino. Aspirazione legittima, ci mancherebbe altro, ma non sufficiente perché il tutto non può e non deve ridursi soltanto a un interesse privato e personale. Sul piatto c’è la sopravvivenza dell’università, c’è la tutela di un “bene” pubblico, c’è in gioco la formazione delle giovani generazioni. Insomma ci sono poste fondamentali, non bruscolini e ultimamente sono arrivati pure i riconoscimenti che fanno anche morale. Il riferimento è al rapporto Anvur sulla qualità della ricerca nelle università italiane. E Perugia si è piazziata non male tra punte di eccellenze e posizioni nelle parti alte della graduatoria. Questi sono fatti e stanno a significare che lo Studium di Perugia conserva il suo credito e la sua autorevolezza, checchè ne dicano categorie di detrattori, corvi poetici e indifferenti. Ma da qui in avanti bisognerà lavorare su un’idea di università che tenga conto delle difficoltà, del calo delle immatricolazioni, e che soprattutto rimetta al centro gli studenti al cui servizio ci deve essere sia la migliore didattica che la migliore ospitalità. È finita l’epoca dell’apertura di sedi e corsi di laurea in giro per l’Umbria, che è un fazzoletto di terra, è necessario tornare alle origini e inventarsi una sana ed efficace politica per diventare più attrattivi e reggere la competitività con gli altri atenei.
L’università è un patrimonio del territorio, è una risorsa che produce cultura e ricchezza. Ignorarla è un atteggiamento tafazziano, oltre che imperdonabile dal punto di vista politico. E’ un’istituzione a cui bisogna voler bene e non solo sfruttare. O meglio andrebbe valorizzata e sostenuta per ottenere maggiori benefici, anche economici, perché non dimentichiamo che gli studenti portano soldi. E gli studenti vengono a Perugia se l’università vale e se la città è accogliente e tranquilla. Altrimenti cambiano destinazione.
Per finire, attenzione a manovre e speculazioni in questo periodo e in vista delle elezioni di ottobre. Perché i rettori passano, le università restano. E se non si ha l’intelligenza e la lungimiranza di tutelarle si perde un’occasione grande come una casa, anzi come un grattacielo.

anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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