giovedì 29 marzo 2012

Il silenzio sull'art 18 e un vuoto da colmare

Il punto del direttore del 25 marzo 2012

Quando in politica c’è un vuoto chi prima lo occupa ottiene due risultati, spiazza gli avversari indebolendoli e viene di solito premiato per il coraggio. Successe a ridosso di tangentopoli, negli anni Novanta, quando diversi partiti furono cancellati per via giudiziaria e tra l’indignazione generale e il disorientamento delle vecchie sigle, ecco spuntare il Cavaliere. Che per la maggior parte del popolo italiano rappresentò la novità: parlava in modo semplice, non faceva il politico per professione, annunciava riforme, etc etc. In pochi, tra gli osservatori, scommettevano sull’affermazione di Silvio Berlusconi e del suo partito, Forza Italia, giudicato, a torto, di plastica. Invece tutti ricordiamo come è andata nel voto del 1994. E agli anni a venire. Fino all’altro ieri. Cosa accadrà da qui in avanti, o meglio in prospettiva dopo la stagione dei tecnici, è da vedere, sicuramente i partiti tradizionali sono destinati a mutare pelle e il quadro politico come un puzzle subirà prima una scomposizione e poi una ricomposizione. E  nulla probabilmente sarà come prima, anche per gli effetti della crisi profonda che sta infierendo da anni nella vita della gente.
Questo per dire che laddove c’è una vacatio, per esempio della politica, la corsa dovrebbe essere a riempire quel vuoto, a metterci la bandierina. Non sempre è così, ma talvolta accade. E in questi giorni infatti si sta verificando con il famigerato articolo 18. La Cgil è schierata per la difesa a oltranza di questa norma dello Statuto dei lavoratori mentre gli altri sindacati sono più possibilisti e soprattutto disponibili alla modifica delle regole sui licenziamenti.  In Umbria si possono calare pari pari le posizioni dei sindacati. A livello politico nella nostra regione invece gli unici a parlare sono i rifondaroli e i dipietristi e a titolo personale il socialista Buconi. Il Pd è muto, sotto traccia, quasi come se temesse non solo di profferire suoni ma addirittura di respirare. Chissà se un pensiero il Pd umbro sull’articolo  18 ce l’ha o ancora se lo deve formare… Intanto con iniziative, conferenze stampe e dichiarazioni  a occupare il famoso vuoto di cui sopra ci pensa la Federazione della sinistra. Pare proprio che i democratici umbri, divisi a Roma come nel resto d’Italia sull’okay o meno alla riforma Fornero, abbiano deciso di scegliere la consegna del silenzio.  Il non parlare può essere  interpretato come scelta tattica di non mischiarsi, di non rischiare di dire qualcosa più del dovuto.  E in questo caso equivale allo stare fermi, a non esporsi anche in vista della linea romana. Ma tale atteggiamento oltre che prudente può essere letto come furbo o comunque dannoso per il confronto tra le forze di maggioranza. La maggioranza appunto la cui tenuta vacilla a ogni piè spinto, la maggioranza  di centrosinistra, sempre più lacerata e divisa perfino sul tipo di penna da usare per scrivere le mozioni.  La litigiosità è la prima causa che paralizza il lavoro di chi governa. Il Psi lo va dicendo da tempo ma nessuno lo ascolta. Del resto non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. Un altro paio di cose dicono e scrivono i socialisti. La prima: non c’è altra maggioranza all’infuori di questa uscita dalle urne, tradotto nessun inciucio e nessuna larga coalizione, altrimenti al voto. La seconda riguarda l’auspicio che si arrivi quanto prima a un orientamento comune sulla questione morale e quindi sulle vicende giudiziarie che interessano gli esponenti politici e in particolare i componenti del consiglio regionale.  Lodevole il tentativo del Psi non solo di fare chiarezza ma di fissare dei paletti, ben piantati per terra, da cui far dipendere le strategie politiche senza dimenticare che chi amministra ha la responsabilità di scegliere per il bene dell’Umbria. Perché tra tante beghe, anche le più misere e insignificanti, in ballo c’è il futuro di questa regione.  E questo non bisognerebbe mai dimenticarlo.

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