mercoledì 30 marzo 2016

La buona politica viene da Francesco

Il punto del direttore del 27 marzo 2016

Non è una Pasqua qualsiasi. Nella mente e negli occhi abbiamo le immagini delle esplosioni firmate dai terroristi islamici a Bruxelles, nel cuore dell’Europa. Immagini di paura e di morte, immagini di una guerra che si fa fatica, purtroppo, ad ammettere e riconoscere come tale. Eppure si tratta di una guerra, atipica perché in ballo non ci sono confini da difendere oppure obiettivi di sottomissione di uno Stato all’altro, ma sempre guerra è.

E’ la guerra di un certo Islam contro il resto del mondo, è la guerra dell’Isis contro l’Occidente, è la guerra di una civiltà che vuole imporsi su altre civiltà e non ci pensa a uccidere, a decapitare, a massacrare uomini e donne colpevoli solo di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
I fatti di Bruxelles si legano a quelli di Parigi, alla strage del Bataclan e a quella del Charlie Hebdo, un filo conduttore li unisce ed è la strategia del terrore portata avanti dai jihadisti. Oggi come allora, come un anno fa e come quattro mesi fa, abbiamo assistito al rituale di commenti e analisi, dibattiti e talk show, sul perché e sul percome si sono verificati gli attentati, il solito e scontato bla bla di indignazione e di frasi di circostanza. Intanto l’unico dato incontrovertibile è che il sistema europeo di intelligence fa acqua peggio di un colabrodo, che i terroristi scorrazzano in giro per i Paesi senza essere bloccati, che gli attacchi si sarebbero potuti prevedere e soprattutto impedire.
Invece siamo qui a piangere altre vittime innocenti e la cosa più brutta è che tra un po’ ce ne dimenticheremo, archivieremo anche questa strage che ci ha reso più fragili e più vulnerabili di ieri, i riflettori si spengeranno e ci concentreremo su altri fatti nascondendo le nostre paure perfino a noi stessi. Fino al prossimo attentato, fino a quando questi terroristi non imbracceranno di nuovo le armi e semineranno altri lutti nelle nostre città. In nome di un Dio che non è il nostro perché il nostro non permette l’uccisione tra fratelli, anzi come ha detto il Papa durante la via Crucis il suo nome viene profanato e utilizzato per giustificare inaudite violenze.
Per la verità Bergoglio nell’affrontare le due tragedie del nostro tempo, il terrorismo appunto e l’invasione dei migranti, ha pronunciato parole ancora più dure e pesanti, davanti alla Croce di Cristo. Parole che entrano nell’anima e scuotono la mente, come “il silenzio vigliacco” che circonda le esecuzioni dei terroristi che decapitano e sgozzano con una facilità estrema oppure “i tanti Pilati con le mani lavate” che si limitano a osservare i profughi approdare sulle nostre coste o ancora “il mar Mediterraneo diventato un insaziabile cimitero, immagine della nostra coscienza insensibile e narcotizzata”.
Ma questo Pontefice non è come i nostri politici che parlano solo, lui compie anche gesti che sono più eloquenti di mille discorsi come quando giovedì santo ha lavato piedi siriani, pakistani, indiani, nigeriani di donne e uomini musulmani e cattolici, a dimostrazione che pur nella diversità siamo tutti fratelli. Non c’è altro da dire, questo Papa rivoluzionario è un grande e riesce a fare politica, anzi la buona politica.
Buona Pasqua a tutti.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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