mercoledì 30 marzo 2016

Europa colpita al cuore

Editoriale Radio Onda Libera del 23 marzo 2016

Impossibile non riflettere sulla strage di Bruxelles, la città simbolo dell'Unione europea; non a caso il titolo più usato è stato "Europa colpita al cuore". E infatti è proprio così. Due kamikaze all'aeroporto, all'ora di punta, ieri mattina, poi le bombe nella metropolitana, una trentina di morti e oltre duecento feriti, alcuni dei quali gravi. Gli attentati sono stati rivendicati dall'Isis.
Tutte le notizie sono note, oramai sappiamo e soprattutto abbiamo visto attraverso le immagini, che parlano da sole, il terrore che questi signori terroristi islamici hanno seminato a Bruxelles e non solo.
Ovviamente quanto accaduto ha sconvolto e addolorato istituzioni e cittadini di tutto il mondo, immediate le reazioni di condanna del terrorismo e di vicinanza al Belgio da parte di tutti i leader politici mondiali, da Obama a Renzi, dalla Merkel a Cameron. Con tanto di promessa a scovare i colpevoli; la caccia a chi ha firmato gli attentati sarà compiuta senza tregua giorno e notte, perché hanno colpito la nostra libertà, la nostra dignità. E ancora l'impegno a combattere il terrorismo in modo efficace e con più mezzi e più uomini.
Purtroppo anche in seguito a questa strage stiamo assistendo a un rituale, a un copione già visto, alle frasi di circostanza, alle lacrime di circostanza, alle promesse di circostanza, perfino ai monumenti illuminati per la circostanza, forse anche una manifestazione di circostanza per dire no al terrorismo.
Poi passata l'ondata di emozione, di immedesimazione, perché in quell'aeroporto o in quella metropolitana potevamo esserci noi o un nostro familiare o un nostro amico, tutto torna come prima, il pericolo attentati si allontana e la nostra attenzione si concentrerà su altro, anche quella dei nostri politici e di chi dovrebbe combatterla veramente questa guerra. Perché è inutile che ci nascondiamo dietro alle parole o ci chiudiamo gli occhi davanti all'evidenza. si tratta di una guerra, una guerra nel nome di Allah, una guerra per colpire al cuore i nemici, in questo caso un'unione di Stati, l'Europa, che sulla carta stanno insieme e nei fatti ognuno va per conto proprio, a curare i propri interessi anche quelli che prosperano nei Paesi dove la guerra c'è ed è di uno stato contro un altro.
Questa è una guerra di religione, di mentalità, di cultura, che ha l'obiettivo di sterminare il nemico. E' una guerra possiamo dire atipica, e diciamolo, ma è pur sempre una guerra.  E le guerre non si combattono con le parole o con le promesse, con le lacrime in tv, i cortei o le bandiere listate a lutto. No, la guerra si combatte con un piano strategico, con un coordinamento di tutte le intelligence di tutto il mondo, con l'impegno serio a scendere in campo e cercare di arrestare si i terroristi ma anche chi li protegge e li finanzia. Perché le coperture ci sono eccome, basti pensare che sono serviti quattro mesi per arrestare uno degli autori della strage al Bataclan di Parigi che se ne stava tranquillamente a casa sua, in Belgio appunto, tra amici e parenti. Secondo molti gli attentati di ieri sono proprio la risposta al suo arresto. Ma le interpretazioni lasciano il tempo che trovano, forse qui bisogna ritrovare la rabbia e l'orgoglio, come diceva profeticamente Oriana Fallaci per combattere una guerra senza precedenti, una guerra di una civiltà, dell'Islam contro il resto del mondo.

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