domenica 19 aprile 2015

Terra di santi e di camaleonti

Il punto del direttore del 19 aprile 2015

Il camaleonte è un animale che cambia colore spesso, il camaleontismo è l'arte di cambiare repentinamente posizioni (e anche partiti). In Umbria questa pratica è diffusa, diffusissima se si spulciano i nomi dei candidati a consiglieri regionali. Ma andiamo per ordine e facciamo il punto. Sette, per ora e ancora ufficiosamente, gli aspiranti alla presidenza della Regione, una ventina si presume saranno le liste in campo, ognuna delle quali con 20 posti. E proprio la riduzione degli scranni rappresenta un limite alle tante aspirazioni.

Va premesso che sono più che legittime le aspirazioni di chi intende candidarsi, ci mancherebbe altro, ma non è una prescrizione del medico trovare a tutti i costi, compreso quello di cambiare casacca, un posto in una lista, che sia di partito o civica o para-società civile, con la speranza di sistemarsi, soprattutto economicamente di questi tempi, per il prossimo quinquennio. Detto ciò, in questa campagna elettorale se ne stanno già vedendo di tutti i colori, come per esempio candidati a presidente che si presentano prima delle liste, tanto per sottolineare che si tratta pur sempre di un'elezione diretta, ergo chi ci sta ci sta. I nervosismi ci sono tutti, basta spostarsi verso Spoleto per percepire l'intensità dell'incazzatura del Pd locale contro Perugia e il resto dell'Umbria perché il partito non è riuscito a inserire uno straccio di rappresentante della quinta città della regione.
Qui il segretario dell'Unione si è dimesso, quello provinciale forse non ha capito cosa è successo e il resto della dirigenza piddina balbetta, si giustifica e spera di metterci una toppa, magari promettendo un assessorato o qualcosa di simile in caso di vittoria. Dalle parti del centrodestra i malumori non sono da meno, per esempio dentro Forza Italia c'è l'area fittiana, o forse meglio dire laffranchiana, che non riesce a sistemare manco una pedina in lista e allora addirittura sta pensando in alternativa a un accordo che transiterebbe per altri palazzi. Ma l'aspetto che risalta di più è il trasformismo, il camaleontismo, che imperversa a tutto spiano, a destra come a sinistra. Cambiare posizione e anche partito non è un peccato, ci mancherebbe altro. Avere la memoria corta o pensare che il cittadino sia minus habens, questo non solo è scorretto ma anche presuntuoso. Due esempi per parte, giusto per rispettare una sorta di par condicio tra i candidati. Il primo, Mario Bravi, segretario regionale della Cgil fino a una settimana fa, che ha deciso di scendere in campo e quindi è decaduto. Bene, due annotazioni: da quando esiste la Regione (ma lo stesso discorso vale per il Parlamento) è prassi per chi guida il sindacato fare il salto in consiglio regionale (alla Camera o al Senato). Questo automatismo, storico, dalla militanza sindacale a quella politica stona un po' oggi con la trasparenza, la leggerezza di un Pd che si svuole smart, veloce, moderno. Poi, bisogna ricordarsi che la rete non inganna anzi a volte inchioda: gli strali firmati da Bravi contro l'unione tra Ds e Margherita e contro il governo Renzi sono stati ripescati e rimessi in circolazione. Della serie il Pd non ti piaceva e ora ti candidi…
Il secondo esempio si chiama Carla Casciari, signora dell'Idv che, dalla sera alla mattina, cinque anni fa, grazie alla conoscenza con il padre-fondatore Di Pietro, si è ritrovata a fare la vicepresidente della giunta regionale con delega ai servizi sociali. Niente di scandaloso, per carità, tutti sappiamo come va il mondo. E poi da qualche parte deve pur iniziare chi ha il pallino della politica, c'è chi comincia dal basso e chi direttamente dall'alto ma questi sono dettagli. Ma oggi, a meno che non si tratti di un'omonimia, Carla Casciari è candidata nella lista del Pd (se fosse stata inserita in quella civica di sostegno alla presidente sarebbe forse più giustificabile) ma finora non ha mai ufficializzato il cambio di partito, l'iscrizione ai democratici. E' vero che non deve rispondere a nessuno perchè non era stata eletta ma quelli che all'epoca votarono per l'Idv contribuirono a farla sistemare a Palazzo Donini. Forse un po' di rispetto in più non guasterebbe. A volte ritornano o provano a ritornare: Aldo Tracchegiani è uno di questi. Eletto nel 2005 con Alleanza nazionale in consiglio regionale, non confermato alle successive elezioni è passato alla Lega Nord, poi si è fatto il partito Italia Federale e ora è in lizza per essere candidato con Forza Italia. Un excursus di tutto punto, che pare il gioco dei quattro cantoni, per il medico spoletino che sente forte la nostalgia di Palazzo Cesaroni. Anche Michelangelo Felicioni ha cambiato diverse volte casacca: Msi, An, Pdl, Ncd e ora Lega Nord con la speranza di godere del vento in poppa di Salvini e sistemarsi alla grande. Tutti gli altri che hanno zompettato, e sono parecchi, da una parte e dall'altra, non li citiamo neppure perché l'elenco sarebbe lunghissimo. Ma dentro il centrodestra è un problema più ampio, di identità di una coalizione che risente delle instabilità e delle crisi dei partiti a livello nazionale. E anche questo sarebbe un ragionamento che ci porterebbe lontano e che richiederebbe troppo spazio. Ci sarà occasione.

Anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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