mercoledì 8 aprile 2015

Il silenzio complice
è un difetto di tutti

Il punto del direttore del 5 aprile 2015

Parlare di politica il giorno di Pasqua non è stimolante, soprattutto quando nel mondo accadono fatti che spingono alla riflessione. E allora allontaniamo l'attenzione dai soliti siparietti dei partiti, da una campagna elettorale che non è cominciata ma si sente da mesi, dagli scandali che rendono più torbida l'aria e mortificano la speranza di una ripresa.
Soffermiamoci sulla carneficina dei cristiani in Kenya, un eccidio crudele di una malvagità unica che ripropone nella sua interezza la passione di Cristo. Una strage avvenuta per mano di terroristi islamici. Papa Francesco proprio il Venerdì Santo al termine della Via Crucis nel condannare la strage ha aggiunto che è avvenuta con il nostro silenzio complice. Silenzio complice: due parole forti, pesanti che obbligano a interrogarci, a scrutarci nel profondo dell'animo, a chiederci quale è il discrimine tra religione e violenza, tra fanatismo assassino e professione della fede, ma anche tra impegno e indifferenza, tra indignazione e rassegnazione.
Il silenzio complice ci riguarda nella vita di tutti i giorni quando, a prescindere dall'appartenenza o meno a una comunità di credenti, ce ne freghiamo del bene comune, quando ci laviamo le mani di fronte a un'ingiustizia, quando ci voltiamo dall'altra parte se qualcuno ci chiede una mano, quando chiudiamo gli occhi davanti ai soprusi.
Il silenzio complice è quando i cattolici non si mobilitano abbastanza per difendere i valori della chiesa e pensano che basta andare a messa la domenica per essere a posto con la coscienza.
Il silenzio complice è quando non si ascoltano le parole di questo Papa venuto dalla fine del mondo che da due anni fa sentire la sua voce contro la povertà, contro le guerre, tutte le guerre, contro la corruzione, contro le discriminazioni, contro chi umilia la dignità dell'essere umano.
Che sia una Pasqua serena per tutti.

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