domenica 23 giugno 2013

Due donne uccise. Una indignazione

Il punto del direttore del 23 giugno 2013

Ci sono fatti di cronaca che turbano la coscienza, che impongono più di una riflessione. Quello che è accaduto in questa regione nell’ultima settimana è preoccupante. Due donne uccise, due vite spezzate. La prima, alla luce del sole, in una mattinata estiva, è stata sgozzata per strada da un uomo violento che dopo il gesto si è suicidato. La seconda è stata ammazzata a sprangate, chiusa in uno scatolone e gettata via come un sacco di immondizia, lungo una strada periferica e accanto ai binari.
I due delitti sono avvenuti a distanza di pochissimi giorni, pochissime ore, l’uno dall’altro. Ed entrambi accomunati dalla convinzione che la donna sia una proprietà, una “cosa”, quindi senza diritti e senza anima. Da qualche tempo gli omicidi che hanno per vittime le donne si chiamano, con un termine crudo, femminicidi, a sottolineare l’appartenenza di un genere. Un distinguo linguistico per rafforzare il concetto e per rimarcare la specie di delitto.
Un esercizio questo che rischia però di favorire solo una classificazione lessicale, chi guarda alla sostanza non si può lasciare incantare dai termini e dai sostantivi. Un assassinio è tale quando un essere umano toglie la vita a un suo simile. Punto.
Anche perché si possono verificare disparità di trattamento tra crimini e crimini, tra femminicidi e femminicidi. Come è accaduto proprio in occasione di questi fatti di sangue che sono stati compiuti a casa nostra.
Eh sì, perché dopo il primo delitto si sono affollati commenti, reazioni e prese di posizione, ovviamente di condanna, per quanto accaduto. Sono intervenuti istituzioni, politici e associazioni, fiumi di parole e di email si sono riversati sui tavoli delle redazioni. Per il secondo omicidio, altrettanto toccante per le modalità, nessuna reazione, tranne i due sindaci delle città interessate. Nemmeno una frase, nemmeno una riga di circostanza, nemmeno un copia e incolla delle parole pronunciate in precedenza.
Forse Olga, la badante ucraina di 62 anni, uccisa e buttata come un rifiuto, meritava meno attenzione e soprattutto meno indignazione rispetto all’altra vittima, Sandita, 38 anni, rumena, pure lei badante? Oppure ci sono femminicidi di serie A e femminicidi di serie B? Oppure dipende dalla nazionalità delle poverette o dalla loro età o dal giorno in cui sono state giustiziate? Sono chiaramente domande provocatorie, sono interrogativi che sorgono spontanei in una regione che si sta forse abituando, e questo è un male, a una violenza ripetuta che ci sbalza di continuo sulle prime pagine nazionali e sui titoli delle televisioni.
Vanno bene i convegni organizzati in materia nel fine settimana, vanno bene i messaggi in cui si invitano le donne a denunciare le sopraffazioni, ma non vanno bene le discriminazioni nel dolore, nella partecipazione, nella solidarietà. Fanno sorridere poi quei proclami di certi politici che se la prendono con i tagli delle risorse pubbliche per fare di più a favore delle donne. Provare e manifestare indignazione per la fine della signora Olga non c’entra nulla con i patti di stabilità. La vita di una donna vale molto, molto di più di un calcolo economico. E poi dove sono finite quelle associazioni femministe che ogni tanto organizzano delle iniziative tanto per riaffermare la loro esistenza ma in casi come questi hanno le bocche cucite? E i famosi centri di opportunità che amano discettare sui benefici della rappresentanza rosa nelle istituzioni, nei luoghi di potere?
Al di là dei casi specifici, questa regione è cambiata, la criminalità è fenomeno frequente e invasivo, condiziona i comportamenti e fa vivere un sentimento di paura. Una volta l’Umbria era considerata un’isola felice. Ora è diventata un’isola infelice. E la trasformazione è avvenuta sotto gli occhi di tutti, forse non abbiamo voluto vedere o forse abbiamo pensato che l’escalation di violenza fosse un fatto generalizzato e quindi comune a tante città. E allora mal comune mezzo gaudio? No, grazie, non può essere così, non deve essere così.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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