martedì 18 giugno 2013

Basta chiacchiere,
è il momento di fare

Il punto del direttore del 16 giugno 2013

Che l’economia non andasse bene lo sapevamo. Non è una novità. Ce lo diciamo e ce lo raccontiamo tutti i giorni come un rosario. Quando un negozio chiude la saracinesca e non la riapre più, quando un’azienda chiude i battenti e manda a casa i dipendenti, quando un giovane cerca un lavoro e non lo trova, quando una famiglia sprofonda nella disperazione se il padre o la madre viene licenziato. Ma fa un certo effetto leggere il rapporto di Banca Italia, l’ultimo, il più aggiornato, secondo cui l’economia umbra è a picco. Il de profundis corredato dalle cifre è l’immagine impietosa della crisi che attanaglia questa regione. Una fotografia nitida della situazione attuale.
A volte i numeri si prestano a una lettura, a un’interpretazione, a un convincimento, a una speranza. Quest’indagine è spietata, terribile, nella sua crudezza, nella sua verità. Inutile snocciolare cifre e percentuali perché sono già noti i dati forniti da Bankitalia. Gli aspetti da sottolineare sono tanti e diversi. Il prodotto interno lordo è il termometro della ricchezza, e nel nostro caso l’indice dell’impoverimento dal momento che è calato di oltre il 9 per cento, due punti in più di quello nazionale. Il tasso di disoccupazione sfiora il 10 per cento.
I settori interessati sono più o meno tutti, con una sofferenza micidiale nelle costruzioni ma un grido di dolore e allarme anche per il terziario, il commercio, il turismo. Per non parlare del credito bancario che sta subendo il colpo più grosso negli ultimi mesi. Un solo numero è positivo ed è l'export ma, purtroppo, il suo peso sul pil si è notevolmente ridotto. Un altro, l’unico, aspetto meritevole di lode è il capitolo dedicato alla riduzione della spesa pubblica che in Umbria è diminuita del 4,1 nel triennio 2009-2011. Questo testimonia che quando c’è la volontà i conti si possono far quadrare. Per completare il quadro, dopo il rapporto di Banca Italia, è arrivato l’osservatorio della Confesercenti Umbria. Eppure in questo caso è un elenco di lacrime e sangue, di numeri choc che certificano l’agonia di un comparto che se non viene subito soccorso va incontro a morte certa. E i numeri non bluffano quando si afferma che se un negozio apre, tre chiudono. Il saldo è per forza di cose negativo perché la matematica non è mai un’opinione. Chi ha un negozio o una piccolissima attività è stremato da tasse e imposte locali.
Entro quest’anno si calcola a livello generale il taglio di altri migliaia di posti di lavoro. Insomma la crisi non è più a macchia di leopardo, sta dilagando dal nord al sud della regione, in linea con quello che succede nel resto del Paese. Ma dove andremo a finire? Nessuno ha la bacchetta magica o la sfera di cristallo. Su questo non ci sono dubbi. È altrettanto vero però che non si può più rimanere con le mani in mano oppure continuare a chiacchierare al vento. È il momento di agire, di decidere quattro-cinque interventi da fare subito. Niente più tavoli e banchetti dove ci si confronta e non si decide per- ché c’è chi la vuole cotta e chi la vuole cruda, niente più proclami di belle parole e grandi promesse perché ne sono pieni gli archivi e le memorie degli hard disk. La situazione con questi numeri è drammatica, non averne la consapevolezza o peggio ancora pensare di restare fermi pensando che la nuttata passerà è un errore madornale. Come lo è dividersi, lacerarsi in un rimpallo di responsabilità. Il buon senso e il bene verso questa terra impongono a tutti gli attori, a tutte le componenti, uno sforzo di intelligenza, lavorando insieme e mettendo da parte i pregiudizi e i protagonismi. Questa crisi obbliga a volare alto, a innalzarsi, a inventarsi una nuova visione dell’Umbria. Come ultima chance.  
anna.mossuto@gruppocorriere.it 

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