domenica 26 maggio 2013

L'Umbria merita un'altra notorietà

Il punto del direttore del 26 maggio 2013

L’abitudine è una brutta cosa. Soprattutto quando si parla di fatti delinquenziali. Eppure sembra che questo nostro fazzoletto di terra sia diventato avvezzo a episodi di violenza. L’ultimo è accaduto ieri all’alba in una frazione di Marsciano e il movente pare esclusivamente di natura privata. Una folle gelosia ha armato la mano di un uomo che ha massacrato a colpi di bastone un povero lavoratore (i dettagli sono nelle pagine interne). Un omicidio successo sì dalle parti nostre ma che si sarebbe potuto verificare dappertutto, in qualsiasi paese o città della Penisola. Invece l’Umbria ancora una volta torna alla ribalta per la cronaca nera, facendo accendere l’attenzione e i riflettori di chi con i crimini di sangue ci va a nozze. Ma questa regione non merita solo la notorietà legata alla schiera di chi infrange il codice penale.
Ha bisogno di ben altra visibilità perché di fatti ne accadono, e sono anche rilevanti. Alcuni positivi perché innovativi e sperimentali, come la nascita della Confindustria umbra; altri negativi perché fotografano le contraddittorietà e i personalismi di un ambiente, come la politica e l’università, ma parimenti degni di essere evidenziati. C’è poi un appuntamento importante come quello delle elezioni amministrative in cinque comuni, il piú grande dei quali Corciano, dove si rinnovano sindaci e consigli. Oggi e domani qui urne aperte. Per cinque municipi che si apprestano a eleggere i nuovi governi, eccone uno, quello di Gubbio, che senza più maggioranza viene consegnato, a neppure due anni dal voto, al commissario prefettizio. Il malessere dentro i partiti esce ormai allo scoperto, nella città dei Ceri come in quella dell’Acciaio o nei territori limitrofi. Forte il mal di pancia (ma anche tutti i malanni possibili e immaginabili) all’interno del Pd, l’azionista di maggioranza di tutte le coalizioni di centrosinistra. Tanto forte che una parte di esso è arrivato a lanciare un attacco feroce a Palazzo Donini per la scelta del nuovo assessore regionale, Fabio Paparelli, esterno, al posto del neo senatore Gianluca Rossi. La nomina con il conseguente rimpastino ha dato miccia alle polveri e l’esplosione delle polemiche non si è fatta attendere. Il solo argomento plausibile e ineccepibile dei contestatori è il fatto che il ricorso a un esterno costringa il portafogli dell’ente a sborsare uno stipendio in più. Poi l’autonomia non è una parola vuota... a Cesare quel che è di Cesare.
Continuando sul filone del disagio dentro le istituzioni, si allinea alla grande l’università tra colpi di scena e ricorsi dietro l’angolo. E’ scoppiato il papocchio a causa dell’esclusione delle liste studentesche con tanto di intervento dei giudici amministrativi che hanno bloccato il voto e rinviato la seduta al 5 giugno. A rischio anche le elezioni per il nuovo rettore, il cui inizio era fissato per il 13 giugno. E su questo si innesta anche il ripensamento di uno dei candidati esclusi, il professor Mauro Volpi, a presentare ricorso. Se le elezioni slitteranno dopo ottobre, due saranno gli effetti diretti, il primo il commissariamento dell’ateneo, il secondo la perdita di una ventina di milioni di finanziamenti. Per non parlare delle conseguenze indirette, come il colpo all’immagine, la paralisi delle attività. La preoccupazione in giro è tanta e percepibile, si sono perfino mossi una quarantina di accademici che hanno scritto un accorato appello alle parti in causa, chiedendo di trovare una soluzione anche a costo di fare qualche passo indietro (o avanti) per il bene dell’università. Il timore è di assistere a un disastro. Parole dure che rappresentano lo stato d’animo di chi ha a cuore lo studium di Perugia e vuole dare un contributo per uscire dal pantano in cui è piombata un’istituzione con oltre settecento anni di storia.
Fin qui le notizie che offuscano il clima, ma accadono anche fatti che vanno plauditi. Come la scelta degli industriali umbri che hanno dato una bella lezione alla politica, riorganizzando la propria macchina e soprattutto semplificando gli assetti con una sola Confindustria regionale. Mentre i politici chiacchierano e spargono promesse, fanno annunci che poi restano lettera morta, gli imprenditori agiscono e primi in Italia si danno una nuova e moderna pelle. Tanto da meritarsi a ragione i complimenti del presidente di Confindustria nazionale. Questo modello è portatore di un nuovo modo anche culturale di rapportarsi, sancisce il superamento dei campanilismi e degli interessi particolari, e soprattutto va nella direzione giusta del rinnovamento, del cambiamento vero. Quel cambiamento che la classe politica osanna a parole e poi non riesce (o non vuole) praticare.
A onor del vero anche altre associazioni umbre si sono mosse su questa strada, la Confagricoltura e la Cisl, tanto per ricordarne un paio. Perché per prime si sono rese conto che il mondo è cambiato e i meccanismi di una volta sono obsoleti, non funzionano, non rendono più. Chissà se e quando la politica, a cominciare da quella nazionale, riuscirà a scendere dal piedistallo e mettersi al passo con la gente comune.

anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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