venerdì 8 luglio 2011

A proposito delle quote rosa

Editoriale Radio Onda Libera del 30 giugno 2011

Oggi l’argomento scelto si chiama quote rosa. Infatti con 438 sì, 27 no e 64 astenuti, la Camera dei deputati ha approvato in via definitiva la legge in materia.
La votazione ha un chiaro significato politico perché il sì è stato bipartisan, cioè questa legge l’hanno voluta e votata i partiti di quasi tutti gli schieramenti.
Ma che cosa prevede la nuova normativa e soprattutto che cosa sono le quote rosa? Allora, dal 2012 i consigli di amministrazione delle aziende quotate in Borsa o a partecipazione pubblica, dovranno essere composti almeno per un quinto da donne. Dal 2015 almeno per un terzo.
Insomma si sanciscono per legge le pari opportunità. Con il termine quote rosa si indica le quote minime di presenza femminile all'interno degli organi politici istituzionali elettivi e non. E anche nelle cabine di comando delle società private e pubbliche.
La richiesta delle quote rosa nasce dalla bassa percentuale di donne nel mondo della politica e dal 2005 giaceva in Parlamento un disegno di legge che dopo 6 anni ha visto l’approvazione.
Ovviamente moltissimi i commenti di soddisfazione: dal ministro Carfagna che ha parlato di un successo per tutti. Alla Bindi che ha sentenziato che da oggi l’Italia è più vicina all’Europa.
C’è chi ha esultato e definito il provvedimento una svolta epocale e una decisione storica.
Ma le voci contarie non si sono fatte attendere, anche queste bipartisan. Dai radicali, a cominciare dalla Bonino che di tutto può essere tacciata tranne di scarso impegno a favore delle donne. La leader radicale ha chiaramente detto che non c’è nulla da festeggiare, il vero problema è la meritocrazia. Categorica la Mussolini: le quote rosa sono avvilenti.
Per quanto ci riguarda riteniamo che una società democratica e moderna non debba essere basata su quote di nessun colore, rosa, verdi, grigie che siano, o su categorie riservate, tot agli immigrati, tot ai pensionati, tot alle donne.
Entrare in politica o raggiungere posizioni di vertice non necessita di corsie preferenziali, di quote protette. Sarebbe bello che una donna, qualsiasi donna, raggiungesse posti di comando in base non al sesso bensì alle capacità, al merito.
Il rischio, con questa legge, è che si aprono le porte di consigli d’amministrazione alle donne solo perché appartenenti al genere e non perché meritevoli di stare seduta su quella poltrona. E’, a nostro avviso, una sorta di discriminazione “legalizzata” al contrario.
Chissà, forse dopo le quote rosa, toccherà approvare una legge per tutelare le quote blu, il genere maschile.

Nessun commento:

Posta un commento