lunedì 13 luglio 2015

Fatti e non parole per alzare l'asticella

Il punto del direttore del 12 luglio 2015

Era già tutto previsto… cantava Riccardo Cocciante negli anni 70. Il riferimento è ovviamente all'accordo politico per far salire Donatella Porzi, la più votata alla recente consultazione elettorale, sullo scranno più alto del consiglio regionale che si appresta a vivere la decima legislatura. Ma l’elemento da sottolineare è senza dubbio l’aver scelto una donna, la prima, alla guida di Palazzo Cesaroni. Ne è passata di acqua sotto i ponti, da quando, 45 anni fa, si insediò l'assemblea legislativa dell'Umbria.
All'epoca nessuna donna, tutti uomini i componenti del parlamentino regionale. Poi l’Umbria ha saputo rifarsi scegliendo addirittura quindici anni fa di affidare la guida della Regione a un'altra donna, la prima al vertice dell’esecutivo, Maria Rita Lorenzetti, eredità poi raccolta nel 2010 da Catiuscia Marini e il 31 maggio di quest’anno riconfermata per il secondo quinquennio. Questo per dire che in politica, ma per la verità anche in altri ambiti, in Umbria le quote rosa possono dormire sonni tranquilli perché il genere femminile è capace di guadagnarselo lo spazio nei posti di comando. La Porzi ha avuto il merito di arrivare prima alle elezioni regionali, è stata infatti incoronata lady preferenze, per il risultato col botto che ha ottenuto, quindi la sua candidatura a presidente è stata ineccepibile, pur se frutto di un'intesa politica voluta dalla maggioranza del Pd. Del resto in politica comanda chi vince e come si suol dire i voti prima si contano e poi si pesano. Ergo, il “peso” di chi ha vinto le elezioni si è tramutato nella richiesta (e ottenimento) della presidenza del consiglio. In più il fattore donna ha fatto il resto, nonostante gli strali della sinistra del Pd che proprio non digerisce la divisione dei posti e annuncia lotta dura senza paura.
Il discorso di insediamento della neo presidente è stato sobrio ed essenziale, senza cadere nella retorica ha richiamato la necessità di riavvicinare i cittadini alla politica e quindi alle istituzioni, invitando tutti ad agire con coraggio e a non aver paura delle innovazioni. E non è mancato l’appello ad alzare l'asticella. La locuzione “alzare l'asticella” non è per la verità nuova, da qualche decennio ogni tanto viene pronunciata soprattutto nelle occasioni solenni perchè racchiudeva (e racchiude) l'esortazione a rimboccarsi le maniche, a dare dei segnali concreti verso una politica al servizio del bene comune, attenta alle esigenze dei cittadini e ai bisogni dei più deboli. Tutto questo è giusto, condivisibile e sacrosanto. Il timore però è che restino solo belle frasi sulla carta e che l'asticella non si alzi mai. Peggio ancora se poi si finisce sotto l'asticella…
Invece oggi più di ieri servono fatti e non parole, servono esempi e non slogan, servono azioni e non annunci. Insomma c'è solo una strada per far tornare la gente alle urne ed è quella della concretezza e della coerenza, del mantenere gli impegni e rispettare le promesse fatte in campagna elettorale. Se non si inverte la tendenza e non si prova ad alzare la famosa asticella allora meglio lasciar perdere e soprattutto smetterla di sciacquarsi la bocca con discorsi belli e altisonanti.
La credibilità della politica e dei politici passa attraverso messaggi forti, come per esempio quello lanciato dal vescovo di Assisi Domenico Sorrentino quando prima del voto invitò i futuri consiglieri regionali ad autoridursi lo stipendio per dare un avvertimento eloquente e chiaro a coloro che vivono sulla pelle i morsi della crisi. Bene, a parte Mario Bravi, ex segretario generale della Cgil dell’Umbria, candidato ma non eletto, che fu l’unico a impegnarsi in tal senso, per il resto sono stati tutti zitti. A raccogliere la “provocazione” del vescovo oggi solo Giuseppe Biancarelli, già noto per essersi dichiarato in imbarazzo per aver percepito l'indennità del mese di giugno, pari a 5 mila e oltre euro netti, senza aver fatto letteralmente nulla. Ora ha presentato una mozione con cui sollecita l'ufficio di presidenza ad approvare una delibera con cui si tagli significativamente il trattamento economico dei consiglieri e degli assessori regionali. Va detto che l'Umbria vanta delle indennità tra le più basse dei consigli regionali del resto d'Italia e non è stata toccata da scandali sulle spese, ma ciò non basta per non dare ragione a Biancarelli perché c’è ancora spazio per ridare un po’ di fiducia e un po' di credibilità alla politica.
Non è importante il quantum del taglio, sui numeri si può discutere e di solito meglio darli al lotto. A proposito la Porzi potrebbe giocare un terno secco con il 10 (decima legislatura), il 13 (i voti che le sono arrivati), il 18 (è il diciottesimo presidente del consiglio regionale). E' importante il messaggio che il palazzo riesce a lanciare caricandosi sulle spalle i sentimenti di difficoltà di chi per esempio è alle prese con la mancanza o la perdita del lavoro oppure di chi sopravvive con poche centinaia di euro al mese.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it



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