lunedì 25 maggio 2015

Primo sì sulla "Buona scuola"

Editoriale Radio Onda Libera del 21 maggio 2015

La "Buona scuola" di Renzi è passata ieri sera alla Camera: 316 voti a favore, 137 contrari e un astenuto. Contro il provvedimento hanno votato Sel, Movimento 5 Stelle, Lega e Forza Italia. La sinistra Pd non ha partecipato al voto finale e questo è il dato politico su cui torneremo. Ora il disegno di legge passa al Senato e qui è annunciata battaglia.
Torniamo al presente. però. Fuori da Montecitorio si sono susseguite le proteste di studenti, professori e sindacati, contrari a quanto stavano votando i parlamentari. In aula la solita contestazione delle opposizioni. Fra gli articoli più controversi, la promessa assunzione di centomila precari a partire da settembre, il bonus per i professori, i premi per il merito (200 milioni all'anno che saranno distribuiti dai presidi in base alle performance dei docenti, la "pagella" tanto contestata da sindacati e professori stessi), i poteri dei dirigenti scolastici, gli ex presidi, che avranno la possibilità di scegliere gli insegnanti più adatti sulla base del merito. Via libera anche al pacchetto edilizia, con 40 milioni per le scuole da riparare e aggiustare. Ma la vera partita, ormai è chiaro, si giocherà a palazzo Madama per i numeri risicati, anzi risicatissimi della maggioranza. ancora nulla di definitivo, dunque.
Un commento sul significato politico di questa approvazione va fatto. Diciamo subito che dopo il terremoto dell'Italicum, che ha sancito una frattura, irreparabile forse, fra il Pd di Renzi e alcuni big che fanno capo a Bersani e Cuperlo, il sì della Camera alla "Buona scuola" rappresenta un'altra scossa di assestamento tra i democratici. E' uno dei voti più bassi per il governo, identico a quello dello scorso novembre sul jobs act, approvato con lo stesso numero  - 316 - di sì. A contare sono i voti di una trentina di deputati, mentre ancora non c'è una spaccatura netta, a parte Civati e qualcun altro che hanno lasciato ufficialmente il partito. Ma il voto sulla scuola consolida nuovi equilibri all'interno del Pd: c'è un'area riformista più dura, che fa capo all'ex capogruppo Speranza e che contesta Renzi pesantemente, puntando a essere alternativa al premier pur restando convinta dentro il partito; poi c'è un'area sempre di minoranza che fa capo al ministro Martina, che è più lealista, più proiettata sulle posizioni di Renzi. Da ieri, insomma, la minoranza del Pd si è divisa e speriamo, diciamo noi, che non nascano altri partiti. L'unica certezza che abbiamo è che Renzi va avanti come un treno sulle cose da fare, oltre al fatto che il Paese non è più tanto abituato a questo decisionismo da almeno vent'anni, dai tempi di Craxi

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