Editoriale Radio Onda Libera del 13 gennaio 2015
Oggi finisce ufficialmente il semestre europeo. La politica italiana torna al centro del dibattito e con essa anche le scelte e le prossime elezioni. Ma prima di tutto c'è la partita per il Quirinale, nelle prossime ore il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si dimetterà e bisognerà scegliere il successore in un quadro di instabilità e qualche tensione all'interno dei partiti.
Legata a questa partita c'è quella delle riforme e proprio il voto sulle riforme e sul Senato, in particolare quella sulla legge elettorale, segnerà la partenza delle manovre. E la conta degli infedeli al premier Renzi o dei probabili franchi tiratori. Quelli che si segnaleranno come sostenitori di emendamenti o trappole nella maratona dei prossimi quindici giorni alla Camera, maratona che coinciderà con la scelta del nuovo capo dello Stato.
Le dimissioni di Napolitano sono attese tra stasera e domani e dopo ci saranno 15 giorni di tempo per convocare i grandi elettori. Quindi la data prevista per la quarta votazione, quella potenzialmente decisiva, è quella del primo febbraio.
Questa la road map della politica. Ora qualche avvertenza e qualche considerazione. Partiamo dal Quirinale. Circa due anni ci fu la brutta, la bruttissima pagina dell'elezione che riportò Napolitano di nuovo sul Colle, dopo aver bruciato nomi come Marini e soprattutto Prodi. Bruttissima pagina perché il Parlamento si ritrovò in un'impasse senza precedenti e per uscirne dovette supplicare Napolitano di tornare a fare il presidente. E Napolitano tornò ma disse tutto quello che pensava della classe politica, della sua inefficienza e della sua incapacità a interessarsi dei problemi della gente, e più Napolitano pronunciava parole dure e pesanti, più i parlamentari applaudivano. Una scena da incorniciare.
Poi le benedette riforme, che Renzi aveva promesso di fare in quattro e quattr'otto e che invece vanno avanti come i gamberi, un passo avanti e due indietro. Del resto le riforme non si fanno a colpi di diktat. A colpi di maggioranza sì ma dovrebbe esserci perché i numeri sono ancora importanti in democrazia. E nel merito per esempio della legge elettorale noi apparteniamo a coloro che vorrebbero le preferenze per non rivedere un altro parlamento di nominati anziché di eletti.
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