La Jihad nel cuore dell'Europa, vicino a casa nostra. Un commando di tre uomini incappucciati ha assaltato la sede del giornale satirico francese, Charlie Hebdo, noto per le sue vignette sull'Islam, e ha aperto il fuoco al grido di "Allah akbar", tradotto Allah è grande. Si tratta di tre giovani franco-algerini reduci dalla Siria vestiti di nero e armati di tutto punto. E' tuttora caccia all'uomo, uno di loro si è costituito. Un massacro, una strage a colpi di kalashnikov. Dodici i morti, otto feriti.
Un attacco che ha fatto il giro del mondo, qualcuno l'ha paragonato come importanza e clamore all'attentato alle torri gemelle del 2011. Le parole e i commenti si sommano insieme alla sorpresa e al dolore per una carneficina incredibile. Un attacco terroristico nel nome di una guerra di religione alla libertà e alla democrazia. Una condanna unanime dell'operazione criminale e una immediata e immensa solidarietà si è vista nelle piazze di Parigi.
Sale il livello di allerta anche a Roma. Secondo quanto
si è appreso da fonti delle forze dell’ordine, sono stati potenziati i servizi
di vigilanza agli obiettivi sensibili nella capitale e c’è una “particolare
attenzione” verso le redazioni giornalistiche.
L'odio che ha armato i tre terroristi era generato dalle
vignette contro il profeta Maometto che il settimanale pubblicava da anni. Ecco, solo per questo in una mattinata di
follia sono stati uccise dodici persone.
Oggi non si parla d'altro ma la lettura è una sola, la
contrapposizione del modello islamico a quello occidentale, anzi la lotta tra
due civiltà in cui una delle due vuole primeggiare sull'altra e vuole
primeggiare a colpi di mitra, con la violenza, con la morte. E in nome del suo
Dio, in nome di una guerra di religione che spaventa, fa paura.
Fa bene chi invoca controlli e maggiore vigilanza sui
centri islamici, sulle scuole musulmane, sulle moschee, ma non basta. A nostro
avviso occorre una rivoluzione culturale, una conoscenza approfondita di questi
gruppi per poterli combattere, per poterli controllare.
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