martedì 13 gennaio 2015

Dopo il corteo servono i fatti

Editoriale Radio Onda Libera del 12 gennaio 2015

Una folla immensa, un fiume lunghissimo di persone ha sfilato ieri a Parigi, presenti capi di Stato e di governo europei e internazionali, controllati da oltre seimila agenti. Tutti in testa al corteo e applauditi dai cittadini affacciati alle finestre, davanti a oltre un milione di persone, o forse due milioni, o forse tre e anche quattro contando tutti i cittadini che si sono riversati nelle piazze del Paese;  su questo come al solito non ci sono cifre esatte, ma di sicuro il più grande corteo della storia francese.
E' stata questa la risposta del mondo alle stragi in nome di Allah che hanno insanguinato la Francia. Il presidente Hollande ha salutato i poliziotti, abbracciato i redattori sopravvissuti al massacro di Charlie Hebdo e i parenti delle vittime, alla testa del corteo. Assente il presidente Usa Barack Obama, probabilmente per ragioni di sicurezza. Gli Stati Uniti sono stati comunque rappresentati dal ministro della Giustizia Eric Holder.
Dicevamo la risposta di Parigi, e del mondo, al terrorismo: è stata la più grande manifestazione nella storia della Francia. Una giornata indimenticabile, una marea umana senza precedenti, conclusa poco dopo le 21, quando l'oceano pacifico - come ha titolato "il Fatto quotidiano" - si è dissolto.
Un'atmosfera di grande comunione, come aveva chiesto il presidente francese Hollande. Rotta in serata dall'annuncio in apertura dei Tg secondo cui Roma e più in particolare il Vaticano sarebbero nel mirino dei terroristi islamici.
Questa la cronaca di quello che è accaduto, ora qualche giudizio. I cortei e le marce inneggiando la pace e la libertà sono importanti e significativi, le immagini dei leader e della folla resteranno nella mente di tutti noi, ma non bastano perché se tutto si fermasse qui significherebbe soltanto una manifestazione retorica che si ferma lì. Invece dopo un corteo del genere servono azioni, servono politiche incisive per combattere il terrorismo e parliamo di combattimento perché è una guerra, una guerra di religione, una guerra di civiltà.

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