lunedì 8 settembre 2014

Il futuro di una città non si svende

Editoriale Radio Onda Libera dell'8 settembre 2014

Continuiamo a parlare di economia, perché il destino della Thyssen Krupp, della fabbrica di Terni, è legato alla politica di queste ore. Oggi al ministero è previsto un altro incontro dopo quello di giovedì notte al termine del quale la multinazionale tedesca ha ritirato il piano definito lacrime e sangue.
Le intenzioni dell'azienda sono più che chiare da circa due mesi, da metà luglio quando ha messo nero su bianco che vuole mandare a casa 550 lavoratori perché vuole ridurre la produzione di acciaio nel sito di Terni.  Se ciò avverrà sarà un colpo mortale all'economia, un colpo mortale alla regione che vede cambiare i numeri in senso peggiorativo dell'azienda che rappresenta la prima risorsa con i suoi tremila dipendenti più tutto l'indotto.
Ieri il presidente del consiglio Renzi, nel discorso di chiusura alla Festa dell'Unità di Bologna, ha parlato della vertenza, ha citato Terni dicendo che se non riparte la siderurgia non esiste politica industriale. Il messaggio chiaro e forte del premier richiama il rapporto tra il governo e le multinazionali, una serie di equilibri geopolitici che comportano questioni legate alla produzione dell'acciaio in tutto il Paese.
Insomma il futuro della fabbrica di Terni si inserisce in una partita, in una strategia molto più grande e riguarda una vasta gamma di interlocutori, c'è ad esempio l'India particolarmente interessata ai siti che producono acciaio, anche Piombino e Taranto entrano in ballo. E il ventilato abbandono dell'amministratore delegato Lucia Morselli a conclusione della vertenza rientra in questo quadro.
Comunque oggi al ministero dello Sviluppo economico è un'altra giornata importante, le istituzioni e i sindacati locali hanno un ruolo fondamentale: pretendere attenzione da parte del governo nazionale e dell'Europa e questo si sta facendo perché la questione Terni travalica i limitati confini di una piccola regione, ma devono anche e soprattutto far capire, a costo di alzare la voce e battere i pugni, che non si dovrà sacrificare o addirittura svendere il futuro di una città e di una regione nel nome di altre logiche e altri interessi.

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