martedì 6 maggio 2014

La Coppa Italia della vergogna

Editoriale Radio Onda Libera del 6 maggio 2014

Violenza negli e davanti agli stadi dopo la sera di follia all'Olimpico per la finale di coppa Italia tra Fiorentina e Napoli. Perché è ovviamente esploso il caso politico, anche per la presenza in tribuna del premier Renzi e del presidente del Senato Grasso. A intervenire in merito addirittura il capo dello Stato Napolitano che ha invitato “le società a rompere con i facinorosi” perché con loro “non bisogna trattare”, bisogna prendere le distanze dalla violenza e dalle provocazioni negli stadi. Ricordiamo per inciso che prima della partita c'è stata una sparatoria con feriti.
Renzi ha annunciato che i club dovranno occuparsi direttamente dell'ordine pubblico e che entro l'estate il governo stilerà il nuovo provvedimento. Il premier ha assistito dalla tribuna alla partita di calcio e non ha lasciato lo stadio nonostante gli scontri, e successivamente ha ribadito che è stato un errore andare a parlare con i tifosi, con il capo "Genny 'a carogna" che avrebbe dato l'ok per giocare la partita. Poi Renzi attacca coloro che strumentalizzano tale episodio per fini elettorali, i soloni del giorno dopo che criticano e gli sciacalli che lucrano.
Ora al di là delle battute e delle difese d'ufficio, quello che va sottolineato è che sabato sera allo stadio c'erano le istituzioni in tribuna ad assistere impassibili a ciò che avveniva dentro e fuori l'Olimpico. Una vergogna quei fischi che si sono sollevati quando è stato cantato l'Inno d'Italia. Una vergogna che lo Stato contatti e contratti con la tifoseria violenta. Una vergogna che una partita non sia più sport e spettacolo. Una vergogna che un sindaco attaccato risponda con il dito medio, è successo a Torino con il primo cittadino Fassino che ha risposto così a una contestazione. Una vergogna che si parli di sicurezza solo quando accadono fatti violenti. Una vergogna la risposta delle istituzioni che come al solito promettono di fare qualcosa e poi puntualmente non fanno quanto in loro potere, e le promesse vengono rinviate al prossimo scontro.


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