giovedì 22 maggio 2014

Omicidio Rosi, ergastoli confermati

Editoriale Radio Onda Libera del 22 maggio 2014

Facciamo una pausa negli ultimi scorci della campagna elettorale e parliamo dell'omicidio di Ramazzano, il terribile delitto del bancario Luca Rosi alla periferia di Perugia. Sono stati confermati in appello i tre ergastoli ai tre rumeni che in una notte di due anni fa durante una rapina in una villetta uccisero senza pietà il giovane padrone di casa. Non è servito il pentimento più volte espresso di Rosu, uno degli assassini. Né le lunghe arringhe dei difensori.
Dopo un’udienza lunga una giornata e una camera di consiglio lampo, anche i giudici di secondo grado hanno deciso per il carcere a vita a chi ha tolto la vita a Luca Rosi. Restano anche i 20 anni a Catalin Simionescu, considerato il basista della banda. Verdetto confermato, dunque. Unica variazione rispetto alla condanna in primo grado è l’aggravante dei futili motivi, decaduta, mentre è rimasta quella della crudeltà. Tutti e tre colpevoli allo stesso modo. Tutti e tre hanno concorso ad uccidere il povero Luca Rosi, che aveva provato a ribellarsi alla barbarie dei tre rapinatori che gli erano entrati in casa  e gli stavano per violentare la fidanzata. Infatti a tutti e tre vengono contestate le aggravanti che hanno consentito  di chiedere la pena all’ergastolo in primo grado anche se con rito abbreviato.
Questa la notizia di cronaca. Ora un breve commento. Di solito le sentenze si rispettano e non si strumentalizzano. Ma si possono commentare. Ebbene condividiamo in pieno l'entità della pena, perché per un delitto così grave non si può non applicare la pena massima. L'unico dubbio, l'unica perplessità che abbiamo, è che con sul sistema italiano le condanne non si scontano mai fino in fondo. Tra permessi premi, libertà anticipata e libertà vigilata chi ha commesso un reato non sconta mai fino in fondo la condanna. E questo non è giusto prima di tutto perché se non esiste la certezza della pena tutto l'impianto dello stato di diritto va a farsi benedire. Poi non è giusto per rispetto delle vittime, di coloro che hanno subito un reato. Un Paese che non garantisce e non tutela questi elementi fondamentali è un Paese dove la civiltà non è di casa.

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