domenica 2 febbraio 2014

Bps e Camere di commercio:
facciamo il bene dell'Umbria

Il punto del direttore del 2 febbraio 2014

Due partite si stanno "giocando" in questo periodo a Perugia e dintorni. La prima si chiama scalata alla Banca popolare di Spoleto, la seconda rinnovo dei vertici della Camera di commercio. Si tratta di sfide che potranno segnare il cammino e anche l'identità di un territorio e della sua classe dirigente.
Partiamo dalla "battaglia" per la conquista dell'istituto di credito spoletino. Due le cordate che si contendono l'obiettivo, Banco di Desio e della Brianza e la Clitumnus. Nel giro di pochi giorni la decisione di Bankitalia.

Chi parteggia per l'istituto lombardo ha argomentazioni fondate ma non completamente condivisibili, del tipo una banca deve essere gestita da una banca e via discorrendo. Chi è schierato per la Clitumnus, una cordata di imprenditori locali con la recente benedizione del Monte dei Paschi di Siena, ha dalla sua una ragione forte e soprattutto un progetto ancorato alla regione, vale a dire che essendo la Bps l'unica banca rimasta in Umbria perderne il cervello significa un ulteriore impoverimento del territorio. Motivazione questa giusta e soprattutto inoppugnabile. Certo, per capire meglio le posizioni ci sarebbero almeno un altro paio di ragionamenti da fare e più di un interrogativo da porre. Come è stato possibile per la Bps ritrovarsi prima commissariata e ora sul mercato? In genere le banche non potrebbero fare il brutto e il cattivo tempo, qualcuno aveva pur il dovere di controllare prima che la situazione precipitasse? E, scendendo nel merito dei pretendenti, quali sono gli interessi dietro all'operazione? Per quanto riguarda Banco di Desio sicuramente un'acquisizione per incrementare la presenza nel centro Italia, quindi una volontà di espansione e di crescita di numeri e sportelli.
Per il gruppo di imprenditori che decidono di mettersi insieme e soprattutto mettere mano al portafogli è sì un'aspirazione per fare business. E di ciò non bisogna scandalizzarsi perché se un imprenditore non pensa a un tornaconto, a un profitto, significa che fa un'altra cosa, un altro mestiere. L'importante è che l'affare non vada a danneggiare, anzi meglio se apporta sempre benefici a una comunità locale. E quindi l'operazione non sia esclusivamente di natura speculativa.
Il valore aggiunto della Clitumnus è determinato non dai milioni messi sul tavolo, 130, gli stessi di Banco di Desio, ma proprio dall'intendimento dei componenti della cordata di mantenere in questa terra la Bps e il controllo di essa. Va anche sottolineato un altro aspetto, anche questo significativo, e cioè che finalmente l'imprenditoria umbra si è ritrovata quasi tutta unita e compatta attorno a un progetto, dimostrando di avere coraggio e intraprendenza. Peccato che non ci sia stata abbastanza vicinanza e sostegno da parte di tutte le istituzioni e del resto della società civile.
Comunque a nostro avviso vale la pena tifare per la Clitumnus perché dichiara di voler fare il bene dell'Umbria ed essendo disincantati non ci vediamo nulla di male se gli imprenditori umbri, che ricordiamolo non sono benefattori, questa partita della Bps la vogliono giocare e con un ruolo di primo piano, non certo stando in gradinata o in tribuna a guardare lo spettacolo. L'auspicio è che chi si assume l'onere di una strategia imprenditoriale pensi agli interessi di parte ma si ricordi di fare anche gli interessi di una collettività. E veniamo alla seconda partita, quella per il comando della Camera di commercio di Perugia. Le riunioni si sprecano nel senso che si susseguono a ritmi veloci e si segnalano cambi di posizioni e anche nuovi riposizionamenti con altrettanta rapidità. Gli argomenti di confronto non sono tanti ma di una certa importanza, a cominciare dalla durata del mandato, quindi la scadenza, e per finire con un vertice scelto all'interno delle associazioni e non cooptato da altri mondi, passando per una richiesta o una speranza, quella di far sedere una donna sul più alto scranno della Camera.
Anche per questa competizione si stanno formando due cordate. Una è legata all'attuale dirigenza di Giorgio Mencaroni che si candida al secondo mandato e quindi appoggiata da Confcommercio in blocco anche se qualche mugugno circola, da Coldiretti (e qui l'interesse potrebbe coincidere con un reciproco appoggio per Terni), da Cna e Confesercenti. L'altra propugna la discontinuità e vede l'inedita alleanza tra Confindustria e Confimi, per la prima volta il mondo dell'impresa insieme, poi il sostegno di Confagricoltura, della Cia che però non è del tutto convinta, della Confartigianato. E mentre due associazioni si ritrovano, altre due rischiano di spaccarsi in Umbria, come la Lega e Confcooperative, dopo aver siglato un accordo di ferro a Roma. Per completezza di informazioni il quadro per la Camera di commercio di Terni è ancora più nebuloso, le cordate sono ancora in uno stato embrionale, il presidente uscente non ha ancora manifestato l'intenzione di continuare e qualche nome gira con insistenza.
Ora al di là degli schieramenti che non sono definitivi perché si vota a giugno, quindi c'è ancora tempo per cambiare idea e quindi gruppo, quello che conta è la scadenza. Il mandato è di cinque anni rinnovabile per altri cinque, per qualcuno troppo lungo per un ente che rischia di diventare inutile, con tutti i pericoli connessi, compresa la sindrome del secondo mandato. L'ideale sarebbe un mandato solo, come peraltro già accaduto per l'incarico di rettore dell'università, e poi si cambia, si volta pagina. Le Camere di commercio o diventano centri dinamici e non devono sostituirsi alle associazioni oppure meglio farne a meno.
Ovviamente anche per quella di Perugia, oltre all'uscente Mencaroni, si fanno altri nomi, ma non vale la pena riportarli prima perchè così facendo si bruciano, poi perché è troppo presto e la parola fine è ancora lontana dall'essere scritta.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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