Editoriale Radio Onda Libera del 6 dicembre 2013
E' morto Nelson Mandela, il simbolo mondiale della lotta al razzismo. Si
è spento nella sua abitazione a 95 anni, di cui 27 trascorsi nelle prigioni del
regime sudafricano, prima della liberazione dall'apartheid e dell'elezione a
presidente. Nel 1993 è stato insignito del premio Nobel per la
pace. Appena appresa la notizia una folla, fra cui tanti giovani, si è
radunata sotto la sua casa: molti in lacrime, qualcuno sorridendo nel ricordo di
un uomo venerato ormai nel continente africano quasi come un
santo.
Nelson Mandela è stato il simbolo dell'ultima lotta
dell'Africa nera contro l'estremo baluardo della dominazione bianca nel
continente. E' cresciuto nello spietato regime dell'apartheid razzista che
oppresse il Sudafrica dal 1948 al 1994; un leader che ha abbracciato e guidato
la lotta armata, ha trascorso quasi un terzo della vita in carcere e ne è uscito
come un "Gandhi nero", che con il suo messaggio di perdono e riconciliazione ha
saputo trattenere il suo Paese dal precipitare in un temuto baratro di vendetta
e di sangue.
Mandela ha trascorso ventisette anni nelle galere del regime
segregazionista bianco ma non ha mai pronunciato la parola vendetta e una volta
eletto presidente nel 1994 - dopo la sua liberazione e la fine dell'apartheid -
ha fatto della riconciliazione, caparbiamente voluta e cercata, il filo rosso
della sua vita. Alla fine del suo mandato presidenziale nel 1999, si ritirò
dalla vita politica.
Nelson Mandela ha avuto un obiettivo in tutta la
propria vita da leader: l'unità degli africani. E lo ha raggiunto fino a ora. E
oggi che è morto il suo profilo dalla storia è destinato a passare al mito. Un
gigante del nostro tempo e sopratutto un esempio di umiltà, uguaglianza,
giustizia, pace e speranza. Da oggi con la sua morte il mondo intero sarà più
povero. Ma i suoi insegnamenti sono la sua eredità, il suo testamento. E quelli
saranno sempre validi.
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