mercoledì 23 luglio 2014

I ricatti non fanno per Renzi

Editoriale Radio Onda Libera del 23 luglio 2014

La sfida di Renzi è ormai palese, anche se non è una novità. E cioè che se non passano le riforme si torna a votare. Nessuna mediazione è possibile. Siamo ormai alla prova di forza finale, le riforme devono fare un passo avanti verso l'approvazione, in particolare quella del Senato non più elettivo. A costo di stare in aula fino al 15 agosto, dalla mattina alla notte, tutti i giorni.
Questo Parlamento è a un bivio: o dimostra di essere capace di cambiare facendo le riforme o si condanna da solo e si torna a votare. Queste le parole esatte pronunciate dal presidente del consiglio che ha eliminato il tavolo da ogni ipotesi di trattativa. Anche quella che ha provato a intavolare Forza Italia su un altro caso, la richiesta di arresto per Galan, l'ex governatore del Veneto, su cui era stato chiesto un rinvio del voto. Renzi aveva aperto alla proposta, ma quando gli uomini di Berlusconi l'hanno legata al calendario dei lavori per le riforme, il premier ha subito chiuso la porta dimostrando di non accettare ricatti da nessuno.
E così comincia il tour de force del Senato, dalle 9 alle 24 tutti i giorni a lavorare per le riforme, contro il partito dell'ostruzionismo trasversale che sul provvedimento ha fatto arrivare oltre 8mila emendamenti. Bene, il fatto che i senatori debbano lavorare così tanto viene rimarcato, quasi enfatizzato. A nostro avviso, invece, fa dire alla gente comune che non c'è niente di strano a lavorare un po' di più in una situazione così delicata come quella che sta vivendo il Paese.
Poi, questo è il nostro parere, fa bene, anzi benissimo, Renzi a dire ai parlamentari che non accetta ricatti, che se le riforme non si approvano l'unica strada da percorrere è solo quelle delle elezioni. Perché Renzi ha la responsabilità di cambiare il sistema e visto che il Parlamento non è di sua espressione, non rispecchia il suo quasi 41 per cento ottenuto alle europee, la minaccia di andare al voto è politicamente fondata. Anche perché continuare a vivacchiare in una politica di galleggiamento è più dannoso che chiamare i cittadini alle urne.

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