domenica 13 luglio 2014

La speranza della politica
è nella voce dei sindaci

Il punto del direttore del 13 luglio 2014

Nel pieno dei Festival e di un'estate che si fa desiderare, la politica offre pochi spunti di riflessione.
Mentre a livello nazionale tiene banco il dibattito sulle grandi riforme, da noi qualche annusamento tra i partiti sulla legge elettorale e poi quasi più nulla.
A parte l’uscita, forte e determinata, di diciassette sindaci del Partito democratico che hanno deciso di prendere carta e penna e scrivere un lungo documento in cui mettere in chiaro alcuni punti. La presa di posizione è stata elaborata all’indomani della disfatta elettorale del Pd, il partito che detiene la maggioranza delle amministrazioni comunali, che ha consegnato al centrodestra la guida del capoluogo umbro.

E la premessa è che di fronte a una politica assente gli unici in trincea a pregare e portare la croce sono i sindaci a cui i cittadini chiedono ogni giorno fatti e non chiacchiere. Una volta i ruoli dentro i partiti erano chiari e distinti, c’era chi governava e chi dettava la linea. E oltre al rispetto tra i “poteri” c’era lo stimolo, il pungolo, anche con qualche invasione di campo, ma sempre finalizzato a mettere al centro la barra del buon governo.
Ecco questo succedeva fino a qualche tempo fa, fino a quando la politica con la P maiuscola non ha abdicato alla sua funzione anche da queste parti. Di fronte al deserto, alla carenza di idee, alla mancanza di una grande visione, si tende a vivacchiare, a vivere alla giornata.
L’andazzo si è arrestato quando il tran tran delle urne ha registrato uno scombussolamento che ha segnato la morte delle rendite di posizione, la fine di un colore e di un modello. Allora, dopo lo choc ecco il tentativo di chi sta in prima fila di ricompattare il “giocattolo”, di ricondurre al centro la politica e con essa la progettualità. Questo il senso del documento dei sindaci del Pdc he vivaddio si sono armati di coraggio e hanno deciso di metterci la faccia. E cosa scrivono? Vogliono essere protagonisti, vogliono che la politica abbandoni i massimi sistemi e riparta dal basso, dai territori. Ma non per esaltare i personalismi e i campanili, bensì per riconoscere ai paesi e alle città un ruolo propulsore e attivo. Le diciassette fasce tricolori propongono che l’Umbria diventi, o meglio torni a essere, un laboratorio politico di un grande progetto, una grande visione appunto. Si tratterebbe di superare i localismi e mettere in rete i singoli comuni, provando nell’impresa di unire le forze. I primi cittadini targati Pd chiedono al partito una consulta regionale riservata a chi amministra i paesi dell’Umbria, un luogo di discussione e di confronto. Insomma i sindaci chiedono di fare politica, di avere spazio e voce. E a nostro avviso non solo ne hanno più che diritto ma fanno benissimo ad avanzare questo tipo di pretese perché parliamo di politica. E poi mica chiedono la luna...
E’ ovvio che questo movimentismo appartiene a un’area politica ben precisa anche se le problematiche che si trova ad affrontare oggi un sindaco sono le stesse a prescindere dalle categorie e dai partiti da cui proviene. Comunque, i primi cittadini eletti nell’ultima tornata sono al lavoro dopo aver formato gli esecutivi e in qualche palazzo dopo aver inaugurato la sindacatura con più di una critica per esempio a Terni sulla scelta del presidente del consiglio. Ora al di là di tutto, anche delle rivendicazioni, quello che va sottolineato, ed è quello che si augura la gente, è che i sindaci amministrino le città senza lasciarsi imprigionare e ricattare dai diktat e dai veti dei partiti e dagli alleati. I sindaci sono eletti direttamente dai cittadini e anche se espressione di forze politiche sono investiti di una sola e immensa responsabilità. Quella di governare e basta.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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