domenica 6 luglio 2014

Diamo le gambe all'Italia di mezzo

Il punto del direttore del 6 luglio 2014

Italia di mezzo, Italia mediana, Centronia. Sono solo alcuni dei termini utilizzati per definire un’idea di cui si parla da anni e a cui non si riesce a dare le gambe per farla camminare.
L’occasione per rispolverare il progetto, e speriamo per attuarlo, è l’iniziativa organizzata dalla Cgil per martedì prossimo a Perugia dove si ritroveranno i presidenti delle Regioni Marche, Toscana e Umbria e il segretario nazionale del sindacato Susanna Camusso per confrontarsi su un’emergenza cruciale come il lavoro. E in particolare su come coordinare gli sforzi affrontando il problema in un’ottica sinergica e integrata tra realtà vicine e affini.

Ma quello del lavoro è soltanto uno dei temi che i tre territori hanno in comune e che potrebbero essere elaborati nel giro di poco tempo in modo organico. Ce ne sono tanti altri (dalla sanità al turismo, dall’agricoltura all’industria, alle infrastrutture, alle politiche sociali e comunitarie) per i quali sarebbe la benvenuta una visione d’insieme che superi i confini geografici, gli individualismi storici, gli ostacoli politici e le resistenze culturali.
Diciamocelo chiaramente, le regioni così congegnate non hanno un futuro lungo, in particolare quelle che sono sì piccole e belle ma che non hanno i numeri per continuare a vivere un’esistenza tranquilla. Una volta lo slogan piccolo è bello bastava per andare avanti, per attirare imprese, veicolare l’immagine e rafforzare l’appeal.
Oggi non è più sufficiente e l’Umbria rischia di aggiungere un altro aggettivo, e cioè povera. Gli indicatori sono tutti in tal senso, dal tasso di disoccupazione al numero di ammortizzatori sociali, e dimostrano che il Cuore Verde si sta spostando verso il sud anziché rimanere ancorato al nord.
In questo quadro ipotizzare o, meglio, costruire una macroregione mediana che sia cerniera tra il settentrione e il meridione sarebbe la strada giusta, la più logica e sensata. Mettere insieme le forze e ragionare in una prospettiva unica, razionalizzando al meglio le risorse e ottimizzando le fragilità, è il solo percorso che potrà permettere ai diversi territori di tracciare un nuovo modello di sviluppo. E non deve trattarsi di sommare debolezze perché altrimenti il risultato sarebbe una debolezza più grande. Ma, al contrario, di base deve esserci uno straordinario impegno per far sì che le sfide si affrontino con la medesima volontà e lo stesso comune sentire, per esempio verso una crisi che sta distruggendo il tessuto economico e sociale di parecchie realtà. E soprattutto in un progetto complessivo, globale, fissando da subito l’obiettivo, il cammino e i compagni di viaggio.
Va bene un’intesa Umbria-Marche su indicazione dell’Unione europea come è avvenuto qualche settimana fa ma non basta perché solo accordandosi con il resto delle province vicine, Toscana e in particolare bassa Toscana e alto Lazio, l’Italia di mezzo può avere un senso e una realizzazione compiuta di ridisegno istituzionale dei territori. E dal punto di vista degli interessi l’Umbria può svolgere un ruolo importante solo se mantiene una centralità rispetto a una terra più ampia. I tempi ci impongono di dialogare con tutti e non con un confinante e basta. Che senso ha, per esempio, parlare di turismo con le Marche e non con la Toscana? O spingere per infrastrutture efficienti solo con pezzi di un’area più vasta? La verità o forse anche la banalità è che non c’è da inventarsi nulla, le eccellenze e le dinamiche sono simili, è necessario soltanto metterle in rete. Il presupposto però è, soprattutto da parte della politica, un nuovo modo di ragionare, di intercettare il cambiamento e adoperarsi per concretizzarlo. Il sistema economico così com’è non regge più, ce ne stiamo accorgendo, anzi lo stiamo toccando tutti i giorni con mano e con sofferenza; continuare a far finta di niente, chiudere gli occhi e sperare che la “nuttata” passi significa abdicare al senso di responsabilità. Il tempo stringe, restare fermi significa indietreggiare. E, per favore, si dia seguito alle parole, agli annunci. La politica prenda esempio dal sindacato e non si ricordi a orologeria del tema dell’Italia di mezzo convocando ogni tanto una convention o diffondendo una dichiarazione e poi rimette nel cassetto i discorsi e gli impegni. Una politica che non è lungimirante, che non sa dar corpo e sostanza alle idee, che elargisce chiacchiere e non fatti, non è una buona politica.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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