Di brutte figure è costellata la politica (compresa quella
umbra). L’ultima in casa nostra è quella rimediata dai consiglieri regionali che
si sono aumentati i soldi per i rimborsi chilometrici. Una genialata che non ha
nulla di illegittimo, per carità, ma tutto di inopportuno. E ora, dopo la
frittata, la maggior parte dei politici cade dalle nuvole e prende le distanze
chiedendo immediatamente il ritiro della delibera incriminata.
Ma cosa è successo nel concreto? Due giorni prima di Natale
tra un brindisi e uno shopping in centro l’ufficio di presidenza di Palazzo
Cesaroni approva all’unanimità un provvedimento con cui si decidono aumenti che
vanno da 600 a 1.200 euro l’anno per ogni consigliere, assessore e presidente.
Cifre modeste, niente di trascendentale o di scandaloso dal punto di vista
dell’entità. Ma a catturare l’attenzione e scatenare un senso di indignazione
non è tanto l’aumento in sé, bensì come si possa in un momento di profonda
difficoltà, in cui le famiglie stentano ad arrivare a fine mese, le aziende
abbassano le saracinesche, i giovani e i licenziati non trovano lavoro, arrivare
a fare una delibera per aumentarsi lo stipendio, che non è proprio da buttare
via, di qualche manciata di euro. Possibile che a nessuno sia venuto in mente di
non andare oltre, di non apporre la propria firma sotto quel documento?
Possibile che nessuno sia stato affetto da un minimo senso del pudore? Possibile
che la nostra “casta” continui a difendere, anzi ad accrescere, i propri
privilegi senza pensare per un attimo a quello che accade fuori dai palazzi?
La politica, la buona politica, è fatta di esempi, di
comportamenti, e non di parole. Promettere nelle campagne elettorali di ridurre
i costi, di abbassare la spesa pubblica, di rivedere consulenze e indennità, è
un bello spot. Uno spot che con la coerenza non ha nulla a che fare. Ma che ha
molto a che fare con la vergogna quando accadono fatti come gli aumenti dei
rimborsi chilometrici.
Per la verità non è un caso isolato questo, qualche tempo fa
la stessa “trovata” la studiarono e approvarono alcuni consiglieri comunali di
Perugia a Palazzo dei Priori. Allora addirittura fu usato come limite
territoriale il cartello stradale che indica l’ingresso in città per far
scattare dei soldini in più a qualche consigliere che arriva dai Ponti o da
qualche quartiere più lontano da corso Vannucci.
Questa volta la piccola (per dimensione) ma grande (per
leggerezza) “furbata” è venuta alla luce grazie a Raffaele Nevi, presidente di
Forza Italia, che non solo si è dissociato con parole durissime dalla decisione
ma ha anche chiesto il ritiro immediato della delibera. Il forzista di Terni ha
fatto bene, è condivisibile la sua posizione e ha tutto il nostro plauso per non
essere stato complice e connivente di questo provvedimento. Ovviamente la sua
uscita ha scatenato il fastidio di qualche collega che si è subito messo
all’opera per svelare qualche retroscena della nota di Nevi. Il tentativo di
screditare la fonte parla da solo, anziché soffermarsi sulla sostanza del
documento. Che poi a catena, guarda un po’, è stato ripudiato da tutti. Non si
contano infatti gli interventi di questo o quel gruppo, dal Pd a Rifondazione,
da Fratelli d’Italia ai socialisti, all’Italia dei valori, che si sono
affrettati a invitare il presidente Eros Brega a ritirare la delibera e buttarla
nel cestino. Una considerazione prima di chiudere l’argomento: il capogruppo del
Pd Renato Locchi si è vantato di aver preso carta e penna e di aver scritto una
nota ufficiale ai vertici del consiglio. Bene, poteva Locchi anche sollevare la
questione e mandare un comunicato, come ha fatto Nevi, per far sapere a tutti
quello che era accaduto. O vale sempre la logica che i panni sporchi si lavano
in famiglia? Questa volta però non è andata così. E, ripetiamo, al di là del
danno che è minimo la brutta figura l’ha fatta questa politica che è risultata
inadeguata, vecchia, troppo concentrata sui propri interessi e per nulla su
quelli generali.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it
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