Editoriale Radio Onda Libera del 23 gennaio 2014
La legge elettorale continua a far discutere. Il testo della proposta di riforma
è arrivato ieri in commissione affari istituzionali della Camera. E le
polemiche non accennano a diminuire. Confermati il premio di maggioranza
(18%), il ballottaggio eventuale dopo 15 giorni se nessuno supera il 35%, le
soglie di sbarramento e l'assenza di preferenze. Ma da qui
all’approvazione finale, c’è da scommettere che sarà un lungo slalom tra gli
emendamenti. E non è affatto detto che tutto scivolerà via liscio.
I piccoli
partiti daranno battaglia e forte perché è in ballo c'è la sopravvivenza. La
minoranza del Pd ha annunciato che si giocherà il tutto per tutto per le
preferenze che Berlusconi ha fatto cancellare a Renzi. Ma le novità
non sono solo quelle di cui si è parlato in questi giorni.
Scavando
nelle pieghe dell'accordo si scopre che è stabilito un solo collegio per i
candidati. Pena la nullità dell'elezione. Poi il capitolo degli sbarramenti ha
scatenato un'altra dose di reazioni. Il 12 per cento per le coalizioni, l'8 per
le liste che si presentano da sole e il 5 per quelle in coalizioni significa far
fuori automaticamente i partiti piccoli. E ad alzare la voce è stata la Lega
nord che sperava in una norma che salvaguardasse i movimenti che hanno un alto
consenso territoriale.
Un'altra norma introdotta è la parità di genere
nelle liste: metà uomini e metà donne: questa la regola da rispettare nella
presentazione delle liste in ogni circoscrizione (che raggruppa più collegi), ma
non è detto che sarà garantita tale parità anche in Parlamento. Perché, non
essendo previste le preferenze, tutto dipenderà dall’ordine di presentazione in
lista. L'unica clausola è che non ci possono essere più di due
candidati consecutivi del medesimo genere. Nel senso che se i primi due nomi
sono uomini, al terzo ci deve essere una donna. Questo per favorire pari
opportunità. Ma non pari elezione perché mettere le donne al terzo posto
significa farle partecipare ma non garantire l'elezione.
Ora al di là
degli sbarramenti che sono penalizzati per i piccoli, e questo può rientrare in
un modello elettorale che un Paese si può scegliere, su due aspetti dissentiamo
con forza. Il primo, sempre quello, non voler reintrodurre le preferenze ma
continuare sulla strada delle liste bloccate, quindi mano libera ai partiti e
non ai cittadini di scegliersi i parlamentari. Noi siamo per le preferenze,
sempre e comunque, il sistema migliore e' quello con cui si eleggono i sindaci.
Il secondo motivo di disaccordo è la storiella delle quote rosa nelle
liste. E' ora di finirla di prevedere riserve indiane per le donne con
l'infiocchettamento delle parole con parità di genere e pari opportunità. Le
donne i posti se li vogliono conquistare, non certo vederseli regalare. Questo
sarebbe a nostro avviso una vera parità, altro che una piccola porzione di
caselle rosa.
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