domenica 27 ottobre 2013

Discontinuità e autonomia?
Dopo il voto servono i fatti

Il punto del direttore del 27 ottobre 2013

In ogni consultazione elettorale i voti prima si contano e poi si pesano. Succede anche per la recentissima elezione del nuovo rettore dell’Università degli studi di Perugia che per la cronaca è Franco Moriconi, 682 consensi contro i 562 di Maurizio Oliviero. Ma andiamo per ordine e facciamo un passo indietro.
E’ stata una campagna elettorale all’insegna della normalità nel senso che se paragonata a qualsiasi altra competizione simile non è accaduto nulla di più e nulla di meno.

Sono volati veleni e mercanteggiamenti, colpi bassi e colpi alti, tentativi di alleanze e alleanze abortite, è diventata più incandescente con il passare dei turni e dei candidati rimasti in lizza. Ma è stato un confrontovero, non finto, del resto si trattava di raccogliere un’eredità pesantissima, gli oltre tredici anni di governo bistoniano, e i cinque aspiranti rettori si sono messi in gioco senza ambiguità. Ognuno ha fatto il proprio gioco, a volte da solo, a volte in compagnia, tra rassicurazioni e tradimenti. Fino all’ultimo giravano scommesse su accordi in blocco e spendita dei voti del Magnifico uscente. Tutto è rimasto sotto traccia tra abboccamenti e smentite, come ogni campagna elettorale che si rispetti. Alla fine del tourbillon conta chi vince e vince chi si è mosso meglio. Questa volta ha vinto Moriconi. Un concetto importante della campagna elettorale, circolato con insistenza e ripetutocomeunmantra, è stato autonomia.
Autonomia dalla politica, autonomia dalle istituzioni, autonomia dai poteri forti e non forti. Insomma l’Università non può dipendere da nessun altro Palazzo, deve dialogare con tutti e non farsi influenzare da nessuno. Su questo aspetto che non è un principio da poco o buttato lì per confondere le acque ci si è giocata l’elezione. E alla fine tra i due competitors che sono arrivati al ballottaggio, Moriconi e Oliviero, il primo è stato percepito anche come più autonomo rispetto al secondo. Questo è un dato di fatto.
Una delle altre qualità che gli hanno permesso di conquistare l’ermellino di Palazzo Murena è stata senza dubbio la capacità di essersi costruito una squadra di valore, uno staff di colleghi che lo hanno sostenuto e con lui hanno raccolto una sfida, intraprendendo un cammino che ha portato poi al successo.
Ancora, sicuramente il preside di Veterinaria ha saputo intercettare meglio del professore di Giurisprudenza le diverse componenti e le diverse istanze del mondo accademico, e non solo. Quest’elezione ha brillato per trasversalismo, chi ha pensato di inquadrarla esclusivamente in categorie formali, tipo destra contro sinistra, laici contro cattolici, ha fatto un grosso errore. In questa consultazione
hanno contato altri fattori, perfino la voglia di prendersi qualche sana e legittima rivincita, ma anche l’affidabilità, l’esperienza, il certo per l’incerto e l’autonomia appunto. Un’altra parola molto usata ma poco vera in questa lunga campagna elettorale è stata discontinuità.
Questo termine è stato invocato spesso per pretendere un cambio di rotta rispetto alla gestione precedente.
Bene, però la discontinuità sta nei fatti, nell’assunzione di responsabilità verso un cambiamento, verso un reale cambiamento che non si può sbandierare a parole ma soltanto verificare successivamente in concreto. Anche perché, diciamolo con chiarezza, nessuno dei cinque candidati veniva da Marte, tutti più o meno con deleghe e/o ruoli diversi hanno bazzicato a lungo Palazzo Murena. E poi la discontinuità se deve essere considerato un valore a priori dovrebbe valere sempre, in tutti i Palazzi e in tutte le elezioni, e inoltre non può assolutamente ridursi a una discontinuità anagrafica. Il rinnovamento all’Università come nei partiti non si fa a colpi di carta di identità. Perché ci sono giovani che sono vecchi nelle idee, e ci sono vecchi che sono invece giovani.
I programmi sulla carta sono belli, come tutti i programmi elettorali, il difficile sarà dar loro le gambe per camminare, attuarli, renderli concreti. E qui sta il punto cruciale. Le urne sono chiuse, il voto archiviato, le alleanze pure. Ora si tratta di lavorare tutti, vincitore e vinti, ognuno nel proprio ambito e nella propria responsabilità, per il bene dell’Università, cercando di fare il possibile per arrestare il declino di uno degli atenei più antichi e prestigiosi della Penisola. Basta con le scorrettezze e le divisioni, basta con le manovre di piccolo cabotaggio e i personalismi finalizzati agli strapuntini. L’Università di Perugia è la prima “fabbrica” culturale della regione, va difesa e valorizzata, va sostenuta e rispettata. Da tutti. Perché è una risorsa, un patrimonio che appartiene alla comunità.
anna.mossuto@gruppocorriere.it
www.annamossuto.it

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